Dopo aver fatto ricerche su Leonardo 500, il palinsesto di iniziative in atto in tutta Italia, nel 2019, per celebrare il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, ho inforcato la mia scassata bicicletta da città per tracciare un itinerario sui luoghi del grande umanista vinciano nel centro di Milano. Consapevole che il famoso disegno della bicicletta attribuito a Leonardo è un falso, una truffa realizzata con una matita moderna, come si stabilì alla Conferenza sulla Storia del Ciclismo di Glasgow del ’97, probabilmente realizzata negli anni 1960 in cui il Codice Atlantico fu restaurato.
Nel tracciare la mappa dei luoghi di Leonardo a Milano parto facilitata. Ho una cartina di base su cui disegnare, a priori, il mio itinerario che risulterà a forma di chiocciola che si avvita, partendo da sudovest, in senso orario. La mappa pieghevole I Luoghi di Leonardo da Vinci mi è stata fornita dal Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Claudio Giorgione, curatore del dipartimento Leonardo Arte e Scienza, mi ha spiegato che i luoghi leonardiani a Milano e negli immediati dintorni sono di 4 tipologie:
- Luoghi che conservano sue opere come il Refettorio di Santa Maria delle Grazie.
- Luoghi che furono oggetto di studi, disegni e osservazioni come i Navigli.
- Luoghi, come il Museo della Scienza e della Tecnologia, che custodiscono macchine disegnate intorno al 1950 partendo dai sui disegni.
- Luoghi rappresentativi del contesto storico, della Milano di inizio Cinquecento in cui Leonardo operò o che potrebbe aver frequentato come la Casa degli Atellani.
La mappa dei luoghi di Leonardo a Milano
1° tappa Il Naviglio Grande
Cominciamo dal Naviglio Grande, da cui tutti noi ciclisti iniziamo. L’acqua che “non ha mai requie insino che si congiunge al suo marittimo elemento” e che “piglia ogni odore, colore e sapore e da sé non ha niente…” accompagna il respiro e la pedalata sulla pista ciclopedonale che arriva fino a Sesto Calende. Leonardo ne è affascinato. Appena trentenne, nel 1482, si era presenta alla corte di Ludovico il Moro come suonatore di liuto, con uno strumento da lui stesso forgiato. L’umanista, leggo nel Codice Vaticano-Urbinate 1270, “era grande e proporzionato nella persona, di compiuta bellezza nel volto e di eccezionale forza fisica, affascinante nei modi, eloquente e affabile con tutti. Amava la bellezza anche nelle cose che lo circondavano”.

Leonardo e l’acqua
Artista, filosofo e ingegnere dalla mente duttile e trasversale, Leonardo trova Milano racchiusa nella Cerchia dei Navigli, corrispondente all’antico fossato difensivo del 1157-1158 utilizzato per irrigare i campi e trasportare merci. Tra i Navigli, quello cui Leonardo dedica maggiore attenzione, è il Grande costruito nel 1177 dalla località di Tornavento e prolungato nel 1209 fino a Milano. Nel 1272 quando diventa navigabile, viene usato anche per trasportare il marmo di Candoglia fino al Laghetto di Santo Stefano per la Fabbrica del Duomo.
Il suo interesse per le sponde, le chiuse, la quantità d’acqua erogata e per il moto perpetuo dell’acqua sono un aspetto del suo metodo di osservazione. Del Naviglio Grande che scorre sfruttando la leggerissima pendenza del terreno, privo di chiuse, Leonardo scriverà che è lungo 40 miglia e largo braccia 20. Osservando le conche, Leonardo disegna (o progetta?) alcune migliorie, come la descrizione dei gradoni e l’inserimento di un portale inferiore nelle porte ad angolo. Il tema aveva implicazioni meno poetiche di quanto si possa pensare: anche nella Milano rinascimentale, l’acqua di irrigazione veniva fatta pagare. Ed era necessario mettere a punto sistemi di misura delle once d’acqua molto precisi.

2° tappa Il Museo della Scienza e della Tecnologia
Da piazza XXIV Maggio, attraverso viale D’Annunzio e via Olona si arriva, con qualche intoppo, visti i lavori per la nuova linea metropolitana, al Museo della Scienza e della Tecnologia che ha sede nel bel Monastero Olivetano di San Vittore. I suoi chiostri rinascimentali vennero costruiti da partire dal 1508 sui resti di un edificio benedettino. La Galleria di Leonardo, inaugurata nel 1953 con i modelli delle macchine costruiti a partire dall’interpretazione dei suoi disegni, è stata riaperta, ampliata e rinominata al plurale, il 10 dicembre 2019. Oggetto di un totale restyling, le Gallerie Leonardo hanno un nuovo allestimento. In dialogo con le macchine ci sono anche le opere pittoriche di autori leonardeschi fino ad oggi concessi in custodia al Museo dalla Pinacoteca di Brera. Nel complesso, si tratta di più di 170 opere tra modelli, plastici storici, volumi antichi, calchi, affreschi e dipinti, cui si sono aggiunte 39 installazioni multimediali, in uno spazio di oltre 1300 mq, realizzate con collaborazione con l’architetto-scenografo franco-svizzero François Confino. Il risultato è una “messa in scena” delle opere che fa immergere il visitatore, mediante suggestive video installazioni, nel mondo del Rinascimento.

3° tappa La Casa degli Atellani
Negli anni milanesi, tra il 1482 e il 1515, Leonardo cambiò casa di frequente. Di certo abitò nella Corte Vecchia di Palazzo Reale. Pare che frequentasse volentieri, specie durante la lentissima realizzazione del Cenacolo, tra il 1494 e il 1498, la Casa degli Atellani dove cresceva una vigna che fu donata al genio da Ludovico il Moro. Scoperta nel 1919 dall’architetto Portaluppi durante i lavori di restauro della Casa, bisogna aspettare il 2015, anno dell’Expo, con l’apertura al pubblico perché, dopo studi agronomici che ne hanno recuperato le radici, venga fatta rinascere. Pare che i ceppi di vigna della Casa degli Atellani donati a Leonardo provenissero dalla Spagna. All’interno della casa, ci sono anche appartamenti destinati all’affitto breve, gli Atellani Apartments, in corso Magenta 65.
4° tappa Il Cenacolo
Dopo aver compiuto minuziosi studi preparatori (alcuni di questi disegni, di proprietà della collezione privata Windsor, in Inghilterra, sono stati esposti fino a gennaio 2019 nel Refettorio), Leonardo lavorò al Cenacolo per 4 anni di seguito. Scrive Freud in Leonardo: “già di buon mattino saliva sull’impalcatura, non deponendo il pennello fino all’imbrunire e non pensando né a mangiare né a bere. Poi passavano giorni senza che mettesse mano al dipinto, indugiando talvolta ore e ore davanti a esso e contentandosi di esaminarlo entro di sé”.
Non è un affresco
Realizzata tra il 1494 e il 1498 nel refettorio dominicano della chiesa tardogotica di Santa Maria delle Grazie, l’Ultima Cena non è un affresco, ma un dipinto di grande impianto scenografico in cui Leonardo decide di raffigurare, a gruppi di tre, le reazioni psicologiche degli Apostoli all’annuncio dell’imminente tradimento. Lo fa attraverso le espressioni dei volti, i gesti, gli atteggiamenti e la composizione a gruppi di tre. Una composizione di straordinaria intensità.

I bombardamenti e i restauri
Non riuscendo ad adattarsi alla tecnica dell’affresco che richiede un lavoro rapido mentre il fondo è ancora umido, l’artista geniale scelse colori a tempera e olio su un fondo di gesso e colla. L’effetto fu di insolita morbidezza e luminosità. Non penetrando all’interno dell’intonaco, il colore cominciò presto a staccarsi per effetto dell’umidità. I primi restauri, del 1895, di Luigi Cavenaghi, intervennero sulla rappresentazione dell’ambiente e la prospettiva. Mauro Pelliccioli, nel 1959, dopo che, nel 1943, i bombardamenti americani e inglesi avevano distrutto il vicino Chiostro dei Morti e la parete est del Refettorio, lavorò sul consolidamento della pellicola pittorica e la spolveratura. Fortemente voluto da Fernanda Wittgens, prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera, è stato raccontato, nel Refettorio, davanti a pochi ospiti, in un monologo recitato dall’attrice Sonia Bergamasco. L’ultimo restauro, del 1999, di Pinin Brambilla Barcilon (che ha passato ben 22 anni sui ponteggi dell’Ultima Cena) si avvalse del grande supporto della diagnostica e di un lavoro di squadra multidisciplinare. Al di sotto delle ridipinture, si riuscì a recuperare quanto restava della pellicola originale.

La mostra delle immagini storiche
L’iter dei restauri, insieme alle immagini dei bombardamenti, sono state, fino all’8 dicembre 2019, l’oggetto della mostra L’Ultima Cena per immagini inaugurata il 28 maggio. Un percorso espositivo di una cinquantina di fotografie scansite e restaurate, poi stampate, precede l’entrata al Refettorio e chiude la visita. Una sorta di album di famiglia. Praticamente una riscrittura dello spazio cui seguirà la costituzione di un gruppo di studio e un convegno sul tema della luce, destinati a studiare una nuova forma di illuminazione, oltre che una nuova app e un nuovo sito.

Nel suo complesso, il progetto prevede la digitalizzazione di oltre 1000 fotografie storiche provenienti dagli archivi delle Soprintendenze che attestano lo stato dell’opera, di Santa Maria delle Grazie e dei restauri nel ‘900. Custodite a Palazzo Litta, sede della Soprintendenza della città di Milano, le immagini saranno scaricate e rese disponibili sul sito Sirbec della Regione Lombardia. Al progetto hanno contribuito come sponsor Intesa San Paolo, Epson e la Fondazione Cineteca Italiana. Artefice della mostra un pool di sole donne: Michela Palazzo, direttrice del Museo del Cenacolo Vinciano; Emanuela Daffra, direttrice del Polo museale Regione Lombardia e Antonella Ranaldi, soprintendente della città di Milano.
5 tappa Il Castello Sforzesco
Da via Caradosso e via Boccaccio, attraversato piazzale Cadorna e un breve tratto di Foro Bonaparte (con ciclabile) si arriva al Castello. All’arrivo di Leonardo a Milano, nel 1482, il Castello era la sede della corte ducale. Leonardo ne osserva e disegna i torrioni. Costruisce macchine sceniche che avevano lo scopo di meravigliare gli ospiti. Tra il 1497 e il 1498 dipinge la Sala delle Asse, al pianterreno della Torre settentrionale, negli appartamenti ducali: 16 alberi di gelso, pianta cara a Ludovico il Moro, scandiscono le pareti come colonne, per unirsi al pergolato della volta.
Il Monocromo
Dopo un delicato restauro, la Sala è stata aperta al pubblico il 15 maggio 2019 per le celebrazioni di Leonardo 500. Nelle intenzioni, doveva ben esporre il Monocromo, la composizione naturalistico-illusionistica che rappresenta radici di gelso tra grosse pietre squadrate, oltre a frammenti di disegni preparatori svelati di recente, una specie di sottobosco vegetale, con case e colline all’orizzonte, attribuiti non con certezza a Leonardo. Un unicum mai toccato da interventi e restauri posteriori a Leonardo.

Nella Sala ero entrata nel novembre del 2018 con i lavori ancora in corso. Dai ponteggi, avevo potuto osservare da vicino il Monocromo e gli altri disegni preparatori. Un privilegio, una rara magia. Il 15 maggio, per l’inaugurazione, nella Sala allestita con uno spicchio di gradinata che dava le spalle (assurdo!) al Monocromo protetto da vetro, è stato proiettata la scenografica installazione multimediale Sotto l’ombra del Moro. La Sale delle Asse, realizzata da Culturanuova di Massimo Chimenti con la collaborazione di Francesca Tasso e Michela Palazzo.

Nulla, nella presentazione rimandava al Monocromo in “carne e ossa”, alle spalle degli osservatori che hanno infatti lasciato la Sala senza nemmeno dare uno sguardo al disegno. Nulla, nel gioco degli effetti visivi ingranditi a tutta parete puntava alla localizzazione dei più minuti disegni preparatori scoperti nel corso del restauro. Io stessa che li avevo visti a novembre, non sono riuscita a ritrovarli. Un’occasione perduta. L’ennesima dimostrazione che la realtà virtuale, condita da troppi effetti speciali, sposti l’attenzione dalla fruizione delle opere vere e proprie.
6 tappa Il Codice Trivulziano 2162
Per tornare alla realtà, ricordiamoci che all’interno della Biblioteca Trivulziana del Castello è anche conservato il poco figurativo Codice Trivulziano 2162: fogli sciolti fatti rilegare dall’allievo ed erede Francesco Melzi, accessibili in formato multimediale, in modalità touchscreen. Nel primo cortile è stato anche costruito, con pali di legno, un pergolato di gelsi di misura pari a quello della Sale delle Asse. Questa volta vero, con 16 piante.

7 tappa Il Monumento a Leonardo
La pedonale via Dante e le viuzze di Brera (via Broletto, dei Bossi, via Filodrammatici) portano a Piazza della Scala al Monumento a Leonardo, realizzato dallo scultore Pietro Magni nel 1872. Il genio vinciano appare qui circondato dai 4 allievi: Cesare da Sesto, Marco d’Oggiono, Giovanni Antonio Boltraffio e Andrea Salaino.
8 tappa Palazzo Reale
Leonardo aveva la sua residenza e laboratorio in Corte Vecchia di Palazzo Reale da cui poteva seguire il cantiere della nuova cattedrale, il Duomo, per cui eseguì alcuni disegni e un modello del tiburio. Da Piazza della Scala, basta attraversare la Galleria Vittorio Emanuele II e piazza Duomo per raggiungere in bici il Palazzo che è stato dal 5 marzo 2019 sede della mostra Il meraviglioso mondo della natura prima e dopo Leonardo e dal 7 ottobre 2019 di La cena di Leonardo per Francesco I: un capolavoro in seta e argento, che espone un grandioso arazzo di proprietà dei Musei Vaticani.
9 tappa La Pinacoteca Ambrosiana
Nel cuore del centro storico, in piazza Pio XI, raggiungibile da piazza Duomo attraverso via Orefici e via Cantù, la Pinacoteca Ambrosiana custodisce lo straordinario Codice Atlantico. Sfascicolato ed esposto a rotazione, è stata il fulcro delle 4 mostre tematiche in programma per l’Anno leonardiano. Le mostre hanno proposto nel complesso 46 tra i fogli più significativi illustranti gli studi ingegneristici e militari, i progetti architettonici, fino ai celebri studi per la macchina volante.
10 tappa Il Cavallo Monumentale
Non resta che chiudere il cerchio pedalando fino a piazzale dello Sport dove, all’ingresso dell’Ippodromo, fuori dal centro, si trova il Cavallo Monumentale, dell’artista cino-americana Nina Akamu, libera interpretazione del monumento equestre mai realizzato in onore di Francesco Sforza, commissionato a Leonardo da Ludovico il Moro nel 1494.

E per finire, nella mappa dei murales di Milano
Vi segnalo anche che c’è un murale in via de Amicis (foto sotto) che rappresenta l’artista geniale con il suo volto barbuto illuminato da una candela. Fuori dai percorsi in bici in Lombardia più classici e prestabiliti, a me ispira umanità e nostalgia. Di recente ne ho scoperto un alto, sotto il cavalcavia dell’Alzaia del Naviglio Grande, a tema Ultima Cena, realizzato dall’artista Elisabetta Mastro.
