ladra di biciclette

il bike blog di una giornalista a pedali, 3° premio Blog Adutei 2019, Giornalista Amica della Bicicletta Fiab 2018

Orientamento senza bussola, cartine e gps: i trucchi dell’esploratore

Orientamento senza bussola: un senso innato o una capacità che si può imparare e coltivare? Alla ricerca di una risposta, da donna appassionata di bicicletta, mi sono iscritta al workshop organizzato da Susanna e Alberto Conte di ItinerAria, alla Casa del Movimento Lento, la cascina nel piccolo abitato di Roppolo, che funge anche da ostello bike friendly sulla Via Francigena piemontese. Ospite e “professore” il geografo, esploratore e scrittore, Franco Michieli, classe 1962, che dal 1998 ha percorso vasti territori remoti senza mappe e strumenti per l’orientamento, come i nostri antenati e gli animali migratori. Autore di La vocazione di perdersi, piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti, Ediciclo 2015, Franco appare di primo acchito come un minuto folletto dei boschi: piccolo, sorridente e osservatore. Tutt’altro dal vichingo quale lo avevo immaginato viste le sue traversate di Islanda, Scozia e Norvegia.

Orientamento foto di gruppo
In rosso, Franco Michieli, con i gruppo di esploratori-studenti e la mia border collie Laya

Orientamento senza bussola: perché fa bene perdersi

Il concetto che anima il suo viaggiare e il suo workshop è semplice: la vita su questa Terra è una continua alternanza di sentimenti di perdita e di ritrovamento, di spaesamento e di certezza. Anche il viaggio racchiude in sé questi elementi. “Per la nostra crescita è utile perdere la strada o andare per una via ignota, fonte di infinite scoperte. Ciò dipende da un fatto universale: l’evoluzione della vita si fonda sulle deviazioni. La natura stessa usa l’errore per generare la meravigliosa varietà dei viventi”. Nell’esperienza di Franco, l’uso della tecnologia nel viaggio lento, sia a piedi, sia in bicicletta, porta a un graduale impoverimento della relazione con la natura e con le infinite storie che l’ambiente custodisce in stratificazioni talvolta nascoste.

In bici si può fare a meno del gps?

In assenza di stampelle, bussola e altra strumentazione di orientamento, “come cambiamo noi e cosa si scopre della relazione con l’ambiente?”. Per rimettersi in relazione autentica con l’habitat naturale e i suoi eventi “bisogna accettare di togliere qualcosa, di uscire dalla bolla del virtuale. Oggi andare oltre le Colonne d’Ercole significa uscire anche momentaneamente da Internet e rimettere al loro posto le nostre facoltà di lettura del mondo. Le mappe, del resto, appartengono solo agli ultimi 600 anni”. Il calcolo della Longitudine risale al 1730, anno in cui l’inglese Harrison costruì il primo orologio portatile, funzionale, in navigazione, a calcolare la distanza dal meridiano di Greenwich. Eppure l’uomo ha sempre migrato per mare e per terra. Ecco cosa Franco ci ha insegnato.

Orientamento nel bosco
Osservazione dei raggi del Sole nei castagneti intorno a Roppolo

10 consigli per ritrovare la capacità di orientarsi

  1. Sole Recuperare la nostra prima bussola naturale: il movimento apparente del Sole. Nel nostro emisfero il Sole sorge a est e tramonta ad ovest avanzando su un arco di 15° ogni ora. D’inverno sorge sotto la linea dell’orizzonte, a sudest. Per orientarsi basta calare una linea verticale dal Sole alla superficie terrestre. Anche le Stelle e la Luna, la cui faccia è a noi visibile solo se illuminata dal Sole, fungono da bussola naturale.
  2. Ombra Andare con la propria ombra: segna l’ovest o il sudovest. La mattina, prima che il Sole culmini a sud, si accorcia; di pomeriggio si allunga. Per verificare questi spostamenti basta conficcare un bastoncino nel terreno e osservarne l’ombra per una decina di minuti.
  3. Habitat urbano Orientarsi in un habitat urbanizzato significa comprendere come l’uomo ha costruito le sue architetture: le piante a scacchiera sono state talvolta utilizzate per “tagliare” il vento dominante, le facciate delle case rurali sono esposte per lo più a sud per raccogliere e assorbire maggiori ore di luce.
  4. Cartine Interrogarsi, prima di partire, sulle forme e gli eventi che hanno plasmato la morfologia di un territorio. Le glaciazioni, ad esempio, hanno creato forme molto riconoscibili. Studiarle prima su una cartina topografica serve poi a poter leggere più facilmente il paesaggio che si attraversa. Osservare e memorizzare le curve di livello serve a cercare di immaginare un buon percorso. Per bene orientare una cartina basta puntarla verso un punto cospicuo riconoscibile come la vetta di una montagna. E’ utile, come per gli animali migratori, farsi delle mappe mentali o usare la mano per memorizzare, ad esempio, la successione di creste e valli.
  5. Montagne, sentieri e segnavia La montagna è meno urbanizzata e conserva maggiormente i segni degli eventi naturali. E’ qui che bisogna fare i propri esperimenti. Ricordandosi che nelle Alpi, i sentieri nascono per raccordare malghe e rifugi, anche per consentire valichi e transumanza. Spesso i sentieri scorrono sull’apice dei crinali o a mezza costa. Un tempo, in assenza di vernice o segnavia, venivano segnalati da omini di pietre.
  6. Eventi amici Imparare a percepire gli eventi naturali come più amici possibile. Abituarsi al divenire climatico significa cominciare a sentirsi accolti anche in ambienti selvaggi. Ci sono scoperte da fare anche in giornate di nebbia fitta e mal tempo. Come se potesse essere la via a cercare noi e non viceversa.
  7. No alla fretta Bisogna sviluppare la capacità di sostare e aspettare che qualcosa si riveli. Se stai nella natura senza orologio, perdi la necessità della fretta. La natura è fatta di eventi non cose.
  8. Vento Osservare il vento aiuta: se è teso e se sposta rapidamente le nuvole, basta tenere lo stesso angolo con il vento per mantenere la direzione.
  9. Corsi d’acqua Fatta eccezione per i terreni vulcanici e carsici che inghiottono l’acqua in gole e doline, i corsi d’acqua procedono sempre in discesa. Per riguadagnare la pianura basta quindi seguire l’acqua o il suo alveo.
  10. La meta La meta del viaggiatore non è un luogo specifico, ma l’adattamento all’ambiente naturale. Quanto riesco a capire e cosa ricevo dalla natura? Quanto accolti ci si sente dal Pianeta? Questo conta.            
Orientamento carta
Osservazione della cartina del biellese prima dell’escursione

Quanto può servire tutto ciò a noi donne in bicicletta, viaggiatrici, trekker ed escursioniste? Vista l’inarrestabile tendenza a munirsi di dispositivi, cycle computer e gps, si direbbe nulla. Eppure, ditemi chi di noi donne in bici non ha mai desiderato perdersi, per poi magari ritrovarsi. Ditemi se non è bello sentire il Pianeta amico. Se non è utile sapersi orientare in caso di cellulare scarico. Ed è meraviglioso riscoprire intuito e istinto sopiti dal fatto che non ne abbiamo quasi più bisogno.

Con Franco, che replicherà il suo seminario alla Casa del Movimento Lento, abbiamo esplorato ombre e luci, colline e vallate, nei castagneti della Serra morenica tra Ivrea e Biella. Era con noi anche la mia border collie Laya, sempre in testa quando si camminava sui sentieri dove poteva ritrovare gli odori dei passi già tracciati, più gregaria nel gruppo e con gli occhi su di me quando si attraversava, in tratti più selvaggi, il bosco. Istinto? Necessità? Eccola all’ombra distesa sul terreno che non pungeva più, dove le castagne erano state raccolte. Lei sì che sa più di me e forse anche di Franco…

La mia border collie di 2 anni Laya, inseparabile compagna di escursione

 

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