Il viaggio della speranza, per chi è malato di fibrosi cistica, si chiama anche Bike TourGether. Nel titolo del nuovo libro di Matteo Marzotto, imprenditore e ciclista da sempre, è contenuto un messaggio forte: le lotte per le buone cause, cosi come le pedalate più conviviali si fanno insieme, unendo le forze, passandosi idee, solidarietà e borracce. Il libro (Cairoeditore), i cui proventi sono totalmente devoluti, racconta i Bike Tour effettuati in tutta la Penisola per sensibilizzare sul tema della fibrosi cistica e creare eventi di raccolta fondi. Il retroscena risale al 1989. In quell’anno, la perdita della sorella Annalisa, “il mio angelo custode”, malata di fibrosi cistica, muove le intenzioni di Matteo nella direzione della solidarietà.
Marzotto fonda in seguito, 20 anni fa, la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, un network cresciuto a 10.000 persone e che, a fine 2017, con circa 450 eventi, ha raccolto 4,2 milioni di euro. Il Bike Tour, un appuntamento ormai annuale all’insegna della bicicletta solidale, in ottobre, mese della Ricerca, è la pietra miliare di questi grandi eventi: “pedaliamo in aree specifiche del territorio italiano – nel 2017 la Sicilia -,” ha detto durante la presentazione del libro allo store Mondadori di piazza Duomo a Milano, “attraversando 5/6 piazze al giorno, concludendo la giornata a cena, con anche 200 persone, per raccontare”.

Il racconto è quello di una malattia degenerativa e poco conosciuta che, a causa di un gene difettoso, produce una proteina che altera le secrezioni di molti organi, con danni progressivi a pancreas e polmoni, portando in definitiva a insufficienza respiratoria. Di fibrosi cistica, la malattia genetica grave più diffusa in Italia, si muore ancora. “Ogni settimana nascono 4 bambini malati e ne muore 1. Ma con la ricerca che abbiamo avviato, l’aspettativa media si è spostata dai 20 ai 43 anni“. Un passo da giganti se si pensa che in Italia si contano 2 milioni e mezzo di portatori sani, 1 su 25, in larga parte inconsapevoli e nelle condizioni da trasmettere la malattia ai propri bambini.
Certificata dall’Istituto Italiano Donazione, che attesta che 68 centesimi di ogni euro raccolto siano impiegati direttamente nella ricerca, la Fondazione è un gioco di squadra. In 10 anni la raccolta si è più che triplicata e ha reso possibile la scoperta di una molecola cui sono appese molte speranze. “La malattia si può tecnicamente sconfiggere” ha concluso Matteo. Che da qualche tempo pedala anche in compagnia della sua compagna Nora Shkreli, una neo clista cui, pare, non manchi affatto la volontà di contribuire alla buona causa e, ciclisticamente parlando, la gamba.