La piccola isola di Furillen, collegata a Gotland con un terrapieno, a nordest, è uno dei posti più surreali in cui abbia viaggiato. Profondamente segnata dai tagli di una dismessa cava calcarea, Furillen è il rifugio non più segreto dello svedese Johan Hellstrom, ex fotografo di moda. Nel 1999, alla ricerca di uno studio con qualche camera e una cucina dove poter ospitare modelle e stylist, acquistò il terreno del vecchio cementificio per ricavarne un albergo eccezionale. Al Fabriken Furillen di Gotland, il design sposa l’archeologia industriale, la resina coabita con le travi di ferro, le lampade da cinema accompagnano le poltrone rivestite in vello di pecora.
Per girare l’isola, le sue conifere piegate dal vento, le dune di ghiaia calcarea e i fabbricati lascito del vecchio cementificio, ci sono le biciclette. Le cartine segnano come “Gotlandsleden” le stradine a bassissima percorrenza di traffico che, unite a tratti di piste ciclabili, consentono di effettuare in bicicletta tutto il periplo dell’isola di Gotland, rimanendo sempre vicini alla costa.
Il Fabriken Furillen di Gotland: dalla cava al design
Nel bel mezzo di questa bellezza desolata, in pieno bosco, l’ex fotografo Hellstrom ha collocato casette di legno senza bagno, luce ed elettricità, disegnate dallo svedese Mats Theselius. Un ritorno totale alla natura che prevede che ci si scaldi con la sola legna del camino, che si legga con la sola luce della lampada od olio. Chi pernotta qui, moderno eremita, consuma la prima colazione in albergo. Anche per l’uso del bagno bisogna andare in albergo.
Per stemperare il carattere scabro e ancestrale di Gotland si va a Kraklingo, sulla costa centrorientale, dove la wine-writer Ulrika Karlsson ha aperto nel 2005, il suo secondo ristorante. Menu con prodotti locali e biologici, raccolti nelle vicine fattorie, accompagnato da una carta di vini dal mondo, in un décor bianco con leggeri tocchi di design, Krakas Krog è senz’altro un indirizzo da mettere in un carnet di viaggio. Specie adesso che ha anche due camere riservate agli ospiti che la mattina trovano dietro la porta il cesto con la colazione, con il succo di sambuco appena preparato.
Il senso del metafisico si scioglie anche a Visby, vivace e meraviglioso capoluogo dell’isola di Gotland, un dedalo compatto di case a graticcio, in legno, con la facciata a gradoni, dal 1995 inscritto della World Heritage List. Un gioiello costruito con le ricchezza di chi, all’epoca della Lega Anseatica, commerciava e andava per mare. Con un’infilata di lounge-bar e le rinomate spiagge più a sud, Visby raccoglie d’estate la meglio gioventù svedese.
Ignorarne l’appena restaurato Museo Storico, come fanno i crocieristi nel loro transito di 3 ore, sarebbe un errore. Qui si conservano 750 pezzi d’argento, un tesoro vichingo di oltre 70 chili: monete, pietre, armi e bracciali ritrovati qualche anno fa a Spilling, a nordest, vicino il paese di Slite. E qui si raccolgono, dislocate dai siti originari, gigantesche stele dipinte risalenti fino al V secolo, le cui incisioni a bassorilievo raffigurano spirali, serpenti, navicelle stilizzate e i simboli dell’alfabeto runico. Ce n’erano cinquecento su tutta l’isola. Adesso, a ricordare il passaggio non breve del grande cinema c’è il Centro Bergman, il museo sulla vita e le opere del regista premio Oscar che ancora, come allora, organizza in giugno la Bergman Week. Ecco cosa si scopre.
Nel 1965, durante le riprese di Persona, sull’isola baltica di Fårö, vicina a Gotland, Ingmar Bergman e Liv Ullmann vennero travolti da passione. “Commettendo un errore colossale”, avrebbe scritto il regista, “costruii la casa di Fårö pensando a una vita in comune, ma dimenticai di chiederle cosa ne pensasse. Liv rimase alcuni anni. Combattemmo i nostri demoni come potemmo”. Nell’isola di Fårö a sudest di Stoccolma, fino al 1995 vietata agli stranieri per motivi militari, Bergman era arrivato nel 1960 alla ricerca di un set alternativo alle Orcadi per il film Cime in uno specchio. “Doveva esserci una spiaggia sassosa, trovammo una spiaggia sassosa. Doveva esserci un cutter per la pesca ai salmoni, trovammo un relitto identico a come l’avevo descritto”.
Negllo scoglio calcareo di Fårö aveva trovato il suo paesaggio, la sua vera casa: il luogo perfetto per lo scavo metafisico. La Ullmann, pur tornando per Scene da un matrimonio, non tollerò di restare. E davvero non sorprende. Si sbarca a Fårö dopo 6 minuti di traghetto da Farosund, all’estremo nordest della più grande Gotland, a 40 minuti di aereo da Stoccolma. Il mare plumbeo cede il passo a un paesaggio che è verde e brullo allo stesso tempo. C’è un unico nastro d’asfalto dove si va anche in bicicletta (come la maggiore Gotland, Fårö è prevalentemente pianeggiante e facile da pedalare, attraversata da strade a basso scorrimento di traffico), che taglia boschi di conifere infiniti e campi coltivati. Qua e là si trova una fattoria con il tetto di falasco spiovente, un’erba palustre utilizzata già dall’Età del Bronzo. Ogni primo sabato di agosto, in un rituale che si ripete da tempo, viene usata per la costruzione di un nuovo tetto che durerà 40-50 anni.
Dal porticciolo di Lauterhorn parte un sentiero costiero che raccorda capanne di pescatori e faraglioni, bizzarre formazioni calcaree che il naturalista Carlo Linneo definì, durante la spedizione sulle isole nel 1741, “giganti di pietra”. Spuntano come le colonne di un tempio, ricoperti di licheni bianchi, al margine tra terra e mare, con il timo selvatico e i ginepri cresciuti da schegge di pietra, i pini che trattengono nel tronco fino all’ultima luce del giorno.
Fårö, dove Bergman ha vissuto in assoluto ritiro fino alla fine dei suoi giorni in località Hammars, è di una bellezza desolata. Un surrealismo che si stempera in toni più prosaici nella sola spiaggia di Sudersand, frequentatissima dagli svedesi per un bagno di mezza estate. Questo è la zona con più ore di sole in tutta la Svezia. Veniteci in bicicletta.