Le falesie che si sgretolano sull’ansa del fiume Natisone, osservate dal cinquecentesco Ponte del Diavolo, a 14 chilometri dal confine con la Slovenia, annunciano l’arrivo in bicicletta a Cividale del Friuli, città-borgo da cui parte, nelle Valli del Natisone, uno degli itinerari ciclistici più affascinanti del Friuli Venezia Giulia (di cui ho già descritto la ciclovia Alpe Adria e la FVG3 Pedemontana da Sacile al Collio) e d’Italia.
Intima e raccolta, Cividale è da esplorare interamente a piedi e in bicicletta. Sarebbe un errore non farlo. Per le sue tapas friulane: polenta e cotechino, sarde con cipolle, formaggio latteria ubriaco (stagionato nelle botti dello Schioppettino); per la “gubana”, il dolce tipico a base di pasta lievitata al forno o sfoglia, con ripieno di frutta secca tritata. Ma soprattutto per certe sue fanciulle. Fanciulle in calce, gesso e polvere di marmo, scolpite nell’Alto Medioevo da maestranze forse orientali, che ti scrutano tra rose e tralci di vite dall’alto della lunetta del Tempietto Longobardo all’interno del Monastero di Santa Maria della Valle, iscritto al Patrimonio Unesco come uno dei luoghi dell’Italia Langobardorum.

Valli del Natisone in bici fino al confine
Parte da Cividale un percorso in bici da strada unico nel panorama italiano: strade ben tenute nel territorio delle Valli del fiume Natisone costituito dalla vallate che, costeggiando gli affluenti Alberone, Cosizza, Erbezzo, formano un ventaglio cinto dalle montagne della frontiera con la Slovenia. Sullo sfondo le cime del Monte Matajur (1641 m) e lo sloveno Monte Nero, e una cintura di monti che non superano i 1100 metri. Per arrivare a pedalare sulla cresta del Kolovrat, di frontiera e sulla Panoramica da Crai a Stregna resa celebre dal Giro d’Italia 2016. Un tracciato nella prima parte sovrapponibile a quello della Gran Fondo per Haiti.

Un paesaggio-selva
Si pedala in direzione nordest, verso Vernasso e San Pietro al Natisone, dapprima in pianura, il Natisone di un cupo color smeraldo, non sempre a vista, in un paesaggio che pare un orto-giardino: mais, soia, vigneti e stradine secondarie perfette per la bicicletta. Davanti a noi monti verdissimi. Dove si estendevano fino agli anni ’50 i prati, adesso c’è il bosco che ha riconquistato la sua naturalità. Nei vecchi, curati, castagneti dal sottobosco un tempo pulito, o nei pianori delle praterie, abitano adesso salicone, sorbo montano, pioppo tremulo, acero di monte, frassino maggiore, robinia, ciliegio, carpino nero e betulla. Un paesaggio soggetto a inselvaticamento. Per le sue caratteristiche orografiche, il territorio di confine appare segnato dalla sua marginalità. Ma per noi ciclisti potrebbe diventare centrale, portatore di nuove coordinate di partenza.
Il Museo della narrazione
A San Pietro al Natisone, è il piccolo prezioso Museo multimediale di Paesaggi e Narrazioni, unico in Italia, a raccontare con nuovi mezzi la marginalità. Non museo di collezione, ma di narrazione, fornisce suoni e immagini su questo territorio dai bordi sfrangiati e contaminati. Qui si scopre un tema ricorrente del paesaggio delle Valli del Natisone, il “kozolci” o essiccatoio da fieno, con 6 colonnine, graticci orizzontali e la copertura a capanna in paglia. Cercateli quando pedalate. Ce ne sono ancora intorno a Drenchia.

Il “treno dei polli”
La statale corre veloce, ma purtroppo trafficata verso il confine con la Slovenia (le alternative comportano dislivelli importanti: una di quelle possibili fa deviare verso Savogna e Gabrovizza, all’altezza di San Pietro al Natisone). All’altezza di Ponteacco guardate in alto a ovest: una macchia bianca nel bosco annuncia la Grotta di San Giovanni d’Antro, un tortuoso percorso sotterraneo diventato con i Bizantini e i Longobardi, luogo di culto. Dopo il confine si può tagliare in una piana di campagna attraversando Suzid, su una strada bianca, ex tracciato ferroviario a scartamento ridotto aperto nel 1915 a scopi militari e chiuso nel ’32. Pare che lo chiamassero il “treno dei polli” per il carico che trasportava.

Qui il miglior cuoco è una donna
A Caporetto, dopo aver pedalato su un asfalto molto meno ben tenuto che in Friuli, c’è un Museo della Grande Guerra. I golosi sanno che, qualche chilometro prima, a Staro Salo, regna ai fornelli di Hisa Franko Ana Ros, miglior cuoco del mondo donna per i 50 Best Restaurants 2017, con il suo stile improntato all’imprecisione controllata. Del marito Walter è invece il bistrot Hisa Polonka, con birra artigianale, a Caporetto, altro buon indirizzo.

La vista infinita dei crinali del Kolovrat
Da Caporetto, cittadina di poco fascino, si pedala alla volta di Livek, sotto il Monte Cucco, per arrivare, su una strada ad altissimo tasso di fascino sulla cresta del Kolovrat. I tornanti regalano da un lato la vista sulla valle dell’Isonzo, in Slovenia, dall’altra sulle verdissime e inselvatichite Valli del Natisone. Il villaggio di poche case, un presepe aggrappato ai boschi, dove si svolge il festival di cultura artistica contemporanea Stazione di Topolò, è poco più a sud. Qui si conservano ancora le case dell’izba, con la cucina “nera” invasa dal fumo e l’attigua izba o stanza riscaldata dalla stufa in maiolica. Sui crinali del Kolovrat, oggetto nel 2002 di un’azione di restauro, si visitano le Trincee della I Guerra Mondiale ora “Sentiero di Pace”, a 1114 metri di altitudine. Meno frequentata anche dai ciclisti e parallela, scorre una strada bianca ben praticabile entro il territorio italiano. Decisamente fuori dai sentieri battuti.

Giro d’Italia e colonnine di ricarica
Da Cral s’imbocca la Panoramica, la strada in leggera discesa, godibilissima in bicicletta, che, via Prapotniza fino a Stregna, fu parte della 13° tappa del Giro d’Italia 2016 Cividale Palmanova. Ai lati della strada ci proteggono noci, castagni, felci e meli “Seuka”. A Dugne, il punto di ristoro Casa delle Rondini è sede di una delle 21 colonnine di ricarica per le ebike del progetto Blue Energy nelle Valli del Natisone mappate da Luca Bosco.
All’altezza di Tribil di Sotto si avvistano lembi di prati preservati: a bassa quota, ma simili ai pascoli alpini, buoni per lo sfalcio, adesso abitati da gladiolo palustre, narciso selvatico, arnica montana, orchidee spontanee segnalati su un sentiero botanico che parte da Stregna. Uno scrigno di diversità che si innesta sul sentiero CAI 747. Una “copa” o “meda”, balla di fieno a forma di alambicco (foto di copertina), nel prato di Kamenica dopo Tribil di Sotto, sta a ricordare il vecchio modo di imballare il fieno quando non esistevano le macchine.
Verso la Subida, sosta golosa tra i vigneti del Collio
Una buona so sta con terrazza panoramica, arrivati al Santuario di Castelmonte, è l’Osteria Delizie e Curiosità, per pranzi e merende. Assaggiate il pesto friulano fatto con la silene o il frico di patate e cipolla con polenta. Per poi tornare, in pochi chilometri a Cividale. O, per chi ha ancora fiato, fino Cormons, via Prepotto, nel Collio.

Tra vigneti a perdita d’occhio qui splende la lanterna della Subida, la composita étape di campagna fuori Cormons dove si può cenare nel ristorante stellato, stuzzicare nella più easy osteria e pernottare nel minimalista Nido o nelle nuove Casette nel bosco. Di pietra, rovere e castagno, gli chalet hanno arredi rustici o minimal-contemporanei, i più moderni con le finestre a tutt’ampiezza che consentono la liaison ininterrotta con il bosco. Josko Sirk, il suo intrepido proprietario, ha appena lanciato, con il titolo di Al mare in bici, una mappatura di strade a bassa percorrenza che, da Abbazia di Rosazio, attraverso il Collio e il Carso Goriziano, raggiungono Grado, dotate di colonnine di ricarica per ebike. Una straordinaria combinazione di monti, colli e mare, in Friuli Venezia Giulia, che rende sicuraramente centrale questo territorio di confine e “marginale”.
