Una strada panoramica da fare in bici, con molta storia. Tra il Sentiero del Lupo e la Conca dei Rododendri, il Giro della Civetta e la Strada delle More, all’ombra del non lontano Monte Rosa, nel Biellese, in Piemonte, scorre la strada Panoramica Zegna.
La più alta della zona, molto battuta dai ciclisti, la strada era stata progettata negli anni 1930 da Ermenegildo Zegna come un testamento spirituale: nella visione illuminata dell’imprenditore doveva essere l’anello di congiunzione tra il mondo alpino e quello laniero.
Ritagliata tra betulle, conifere e faggete, alpeggi e rifugi di pastori, a 1000-1500 metri, all’altezza dei valichi tra Monte Rubello, Cima della Ragna, Monte Moncerchio e il Monticchio, la strada Panoramica Zegna fu costruita all’insegna del sacro e del profano: dalle montagne di Trivero, a Levante, doveva puntare a Ponente, verso il cuore storico, geografico e spirituale della zona, quel Santuario di Oropa proclamato, con i Sacri Monti di Piemonte e Lombardia, sito di protezione Unesco.
Lo stesso santuario che, nel Giro d’Italia 1999, fu scenario della leggendaria scalata del campione Marco Pantani.
La strada Panoramica Zegna in bicicletta
Il percorso, una sorta di cuore allungato verso Oriente, è di 56 km totali, su asfalto non sempre ben tenuto, con un dislivello di 1580 metri, da coprire in senso orario in circa 4 ore di pedalata effettiva. Nel mese di aprile 2017, in una giornata di tempo non troppo felice, in cui non ci è stata risparmiata la pioggia, la grandine, le nuvole e il vento, l’ho provato in compagnia di due amici.
Nella prima parte del tracciato, partendo da Belmonte, la discesa fino a Trivero (1,4 km) è impegnativa, con un brevissimo tratto che sfiora la pendenza del 24% e manto stradale irregolare. Bisogna fare attenzione anche alle due gallerie, non lunghissime ma poco illuminate, la seconda con notevoli buche.
Le curve più impegnative ci attendono prima di Trivero, sede del Lanificio Zegna, della Casa e degli Archivi, il posto dove è inscritta la storia del Lanificio fondato nel 1910, raccontata attraverso insoliti “capitoli”, i campionari con le note a mano di Ermenegildo su come lavorare vigogna, cashmere e lana merino provenienti da Mongolia, Tasmania, Argentina e Perù.
Dopo 11, 8 km, alla prima rotonda, a Trivero, tenendo sulla sinistra il lanificio, si prende a destra in direzione di Biella. Comincia così una parte molto piacevole del percorso: un morbido saliscendi a mezza costa, tra i 600 e i 700 metri di altitudine, tra paesini remoti, piazzette porticate, chiese e torri campanarie ancora sonanti.
Dopo 15,3 km, prima di Crocemosso, all’incrocio a T si continua a destra, verso Ponente, seguendo i cartelli Sella e Mosso. Al 17,6 km circa si arriva nella piazza di Mosso con bel campanile in pietra con bifore. A destra, in leggera salita, si prosegue per Veglio. Superato l’alto ponte di Veglio-Pistolesa, dopo 20,4 km dalla partenza, a Veglio si segue per Camandona, quindi, al 22,5 km per Andorno. Mancano le indicazioni al successivo incrocio a T, al 25,6 km, ma si continua a destra sempre verso Ovest e si segue per Andorno. Al km 31,6 si imbocca, alla rotonda, la seconda a destra per Andorno Micca, nella Bassa Valle del torrente Cervo, in una piana alluvionale nelle Prealpi biellesi, zona vocata alla produzione artigianale di cappelli.
Comincia la salita
Si comincia a risalire il Cervo. La strada corre lungo la sinistra orografica del torrente e, a Sagliano Micca, dopo circa 33 km dalla partenza, comincia a salire. Il bar sotto i portici, qui a Sagliano, può essere una buona sosta caffè, ristoro e toilette. Il torrente appare alla vista subito dopo il paese. Di fronte a noi, in direzione nordovest, ecco comparire in lontananza il picco di Monte Tre Vescovi, 2201 metri, tra la Valle di Gressoney, la Valle del Cervo e la Valsesia.
A Valmosca, dopo Campiglia Cervo, l’inequivocabile segnale Panoramica Zegna, dopo 41,8 km, a 867 metri di altezza, indica l’inizio della vera e propria risalita che segue un andamento latitudinale, parallelo alla pianura. La salita è morbida, i rapporti agili, la vista per lo più ampia. Bocchette e valichi, nella prima parte, incanalano il vento da Nord. Il bosco si infittisce: l’aria potrebbe diventare più fresca. Da qui in avanti non si può sbagliare. I cartelli turistici Sassaia, Sella del Cucco indicano il lento avvicinamento alla meta.
Forest therapy tra vetulle e abeti rossi
Nella stazione montana di Bocchetta Sessera, dopo 52,6 km, si trova una buona locanda con ristoro, di notte frequentata anche da civette e volpi. Partirebbe da questo spiazzo il percorso a piedi nel Bosco del Sorriso, faggi, larici, betulle e abeti rossi, mappato bioenergeticamente dall’esperto italiano di Forest Bathing Marco Nieri che misura il potenziale terapeutico degli alberi e che, con Marco Mencagli, ha pubblicato per Sperling e Kupfer La terapia segreta degli alberi.
Un mondo che in bicicletta, per il momento, sfioriamo e ci lasciamo alle spalle. Bisogna raccogliere infatti tutte le energie residue per lo strappo finale: nemmeno 4 km con punte del 14%, in salita. Il Bucaneve e il suo ristoro goloso ci attendono. Per il forest therapy occorre tornare nei mesi tra giugno e settembre, e immergersi nel bosco a piedi, prima della caduta delle foglie.