ladra di biciclette

il bike blog di una giornalista a pedali, 3° premio Blog Adutei 2019, Giornalista Amica della Bicicletta Fiab 2018

Storia del colore della maglia rosa

Nessun colore è per sempre. E nessuna vibrazione cromatica è eternamente maschile o femminile. Vedi il rosa della Maglia del Giro d’Italia, tra i più iconici che ci siano, un colore fondamentale nella cultura della bicicletta. Per cominciare, non si sa bene quale colore sia: il suo codice, nell’anno del Centenario del Giro d’Italia, è stato il Pantone 190 C e così nel 2022. Strano a dirsi, il rosa della maglia simbolo del ciclismo italiano non è mai stato codificato presso l’istituto statunitense specializzato in catalogazione cromatica, il Pantone. In passato è stato rosa antico. Nel futuro non sarà mai uguale. Il rosa, si legge sul sito dell’Istituto, ha assunto una nuova centralità nei movimenti di empowerment femminile, ma sta ad indicare anche benessere, spiritualità, delicatezza e uno stile di vita naturale. Il rosa aggrega e crea consenso, specie tra noi ciclisti.

Il tessuto Native Game-light usato per la parte anteriore e posteriore della maglia nel 2022

La Maglia Rosa del Giro 2021 con tutti i nomi dei vincitori

Nel 2018, anno della conquista della Maglia Rosa da parte di Chris Froome, la manifattura della Maglia del Giro è tornata alla Manifattura Valcismon di Fonzaso con il marchio Castelli che la tiene stretta anche nel 2021. La Maglia Rosa che celebra il suo novantesimo compleanno è stata sviluppata nella galleria del vento per assicurarne la massima aerodinamicità ed è realizzata con tessuti di filati riciclati al 100%, un poliestere derivato principalmente dal recupero di bottiglie di plastica prodotto da Sitip, l’azienda bergamasca leader mondiale nella produzione di tessuti tecnici indemagliabili e circolari. Specialista di soluzioni tessili tecniche per l’active wear, la sua gamma NATIVE con cui è fatta la maglia del Giro raccoglie tessuti ecofriendly realizzati con filati riciclati e sostanze chimiche a basso impatto ambientale e a limitata dipendenza da fonti non rinnovabili. La particolarità della maglia rosa 2021, ispirata al fatto che nel 2020 il vincitore Tao Geoghegan Hart arrivò già in rosa al traguardo, è che la maglia porta su di sé i nomi di tutti i vincitori del Giro dal 1909.

maglia rosa castelli giro d'italia 2020
La Maglia Rosa del Giro d’Italia 2021 prodotta da Castelli con filati di poliestere riciclati al 100%

Cipria, polvere, rosa antico: tante sfumature di rosa

Per accorgersi che la maglia del Giro non è stata sempre dello stesso rosa basta fare un salto al Museo del Ghisallo, conquistati quei 7 km di salita ardita da Bellagio, sul Lago di Como, per osservare, appese a stendini di legno, maglie color pesca, salmone, cipria, polvere, piume di fenicottero, fucsia, bubble gum, rosa antico, macaron, corallo e rosa nudo. Una festa cromatica e di emozioni per la tinta che, secondo il Pantone Color Institute stempera la passione con una pennellata di purezza e di innocente romanticismo. Ma che qui rappresenta la bellezza della fatica: delle salite o delle discese, a seconda delle tappe.

L’ascesa al Ghisallo da Asso, sulla sponda occidentale del ramo di Lecco

Il significato della maglia rosa

Consumate, scolorite, lavate, vintage, ricamate, inscatolate, le maglie conservate al Museo del Ghisallo sono anche il frutto di 2 anni di donazioni e ricerche fatte con il lanternino, dal 2010, andando a bussare alle porte dei paesi di origine dei corridori. Dei ritrovamenti è autore il giornalista Federico Meda cui RCS Sport affidò all’epoca il progetto Giro for Ghisallo: per ogni vecchia maglia realmente indossata durante il Giro e ritrovata, l’azienda avrebbe corrisposto la somma di € 500 per sostenere il Museo e la sua collezione. “L’idea”, mi ha raccontato Federico“era che, in uno sport gratuito come il ciclismo, la Maglia Rosa doveva tornare a essere di tutti”: doveva tornare a casa, in un luogo dove la si potesse ammirare in tutte le sue sfumature.

La maglia rosa nasce per imitare la maglia gialla del Tour de France

La Storia vuole che la maglia rosa nacque probabilmente per imitare la maglia di leader gialla del Tour de France. Era il 1931. Il primo a indossarla fu Learco Guerra, il 10 maggio vincitore della prima tappa, la Milano-Mantova. Si trattava di una maglia di lana grezza con il collo alto e due tasche sul davanti chiuse da bottoni del peso di circa 3 etti, rosa smunta come il colore dei fogli della Gazzetta della Sport, la carta che all’epoca costava meno. L’idea di adottare una maglia simbolo e distintiva fu del giornalista sportivo Armando Cougnet.

La Storia racconta che tutti i 3 Grandi Tour ciclistici furono ideati e lanciati, nei rispettivi Paesi, dai giornali. Primo tra tutti, il Tour de France fu fondato nel 1903 da L’Auto (ora L’Equipe). Il modello venne replicato dapprima dalla Gazzetta dello Sport con il Giro d’Italia, poi da Informaciones nel 1935 cui si deve l’istituzione della Vuelta a España. Nei primi anni Venti del ‘900 il ciclismo si dimostrò un formidabile asso nella manica da giocare nei confronti di un pubblico affamato di emozioni.

La prima maglia rosa non compare nella collezione del Ghisallo il cui reperto più antico è del 1935, esposto, come gli altri, con l’anno di riferimento, il nome del corridore che l’ha indossata e quello del donatore. Nel 2021, il Museo riaprirà il 1 marzo, con un importante ampliamento della collezione delle maglie frutto della donazione di circa 40 pezzi dell’appassionato collezionista Angelo Galli di Varedo.

La mostra virtuale che celebra i 90 anni della maglia rosa

Nel corso del 2021, anno in cui la maglia rosa compie 90 anni, il Museo del Ghisallo ha in calendario una serie di iniziative concordate con il Giro d’Italia per valorizzare al massimo la Collezione Rosa che sarà appositamente riallestita in una Pink Experience Room. Dall’8 marzo 2021 sarà inoltre on line una mostra virtuale interattiva, realizzata dal Giro d’Italia in collaborazione con il Museo del Ghisallo e l‘ACdB Museo di Alessandria che consentirà agli appassionati di immergersi nella storia del Giro d’Italia. La mostra è stata ideata e realizzata da Giorgio Annone di Linelab e si è avvalsa, per la parte fotografica degli archivi RCS, La Presse, Castelli Cycling e dei due musei partner. A partire dalla stessa data e nelle 9 settimane seguenti, un racconto con immagini, video inediti, articoli, prime pagine de La Gazzetta dello Sport delle più grandi imprese della maglia rosa, suddiviso per decenni, sarà visibile sui profili social del Giro d’Italia. Con il titolo La Maglia Rosa dei 90 anni, attraverso i social si inviterà a votare la maglia rosa più amata di sempre. Dal 7 al 30 maggio 2021, il Museo Egizio di Torino partecipa ai festeggiamenti per i 90 anni della Maglia Rosa esponendo nell’ambito della mostra Archeologia Invisibile una maglia rosa storica di Fausto Coppi appartenente alla Collezione Chiapuzzo del Museo AcdB di Alessandria.

guarene strada giro italia 2021
Alberi avvolti di carta velina rosa a Guarene, nel Roero, per il Giro 2021

La maglia rosa di lana

Le maglie conservate al Ghisallo sono per lo più ancora in lana. Le fibre sintetiche apparvero negli anni Settanta. Le maglie precedenti a quel decennio vennero per lo più realizzate, per conto delle squadre, dai maglifici lombardi Vittore Gianni e Tizzoni. Negli anni Settanta e Ottanta sono prodotte da Castelli, così quelle del Giro 2018 e 2019. Le maglie del Giro d’Italia 2017 sono state realizzate a Lallio, dal maglificio Santini: rosa pantone 190 C riservata al leader della classifica generale, la ciclamino, colore accattivante, che risolleva il morale e mette in circolo l’adrenalina, destinata al leader della classifica a punti.

Nasce il rosa shocking

Nel 1931, quando Learco indossò la prima maglia rosa, la stilista Elsa Schiaparelli, amica e collaboratrice di Salvador Dalì e antagonista di Coco Chanel, non aveva ancora creato a Parigi, al n.1 di Place Vendome, il profumo Shocking de Schiaparelli, il flacone modellato sul busto sexy di Mae West, la cui confezione sdoganò il rosa shocking o rosa “scandalo”, una nuance particolarmente intensa di magenta.

La mostra Pink, the History of a Punk, Pretty, Powerful Color, che si è svolta fino al 9 gennaio 2019 al Fashion Institute of Techology di New York, lo ha confermato: il colore non è altro che un prodotto culturale, esiste se viene percepito con gli occhi e con il cervello.

Il rosa, un colore virile

Nessuna connotazione di genere prima del rosa scandalo. Il rosa era considerato un colore virile, derivato dal rosso primario, sanguigno, rovente, rivoluzionario e da arena: per l’alchimia rappresentava la forza maschile. I bambini fino ai 6 anni vestivano indistintamente di bianco. Colori pallidi come il celeste virginale del velo della Madonna erano riservati alle giovani fanciulle. Nel 1700, in piena epoca Rococò, divenne uno dei colori più amati da entrambi i sessi. Fino al 1920, la regola comune era che il rosa fosse indicato per i ragazzi, l’azzurro, più delicato, per le ragazze.

In quegli anni, nell’età del jazz, Francis Scott Fitzgerald veste Gatsby di un completo rosa, ripreso poi nel film con Robert Redford del 1974 e in quello con Di Caprio del 2013. Un abito da gentiluomo che esprime allo stesso tempo tenerezza, rabbia e virilità. Quello che Gatsby, in fondo, era.

Il profumo dalla confezione rosa shocking della Schiaparelli e la conseguente proliferazione di cosmetici rosa segnano la prima inversione di tendenza. Nel ’39, la maglia rosa di Giovanni Valetti al Giro d’Italia, conservata al Ghisallo, porta sul davanti il simbolo del fascio littorio. La percezione dei colori s’inverte, ma non per il ciclismo che ha a cuore il suo rosa Gazzetta.

Gli uomini preferiscono le bionde? O il rosa?

Nel 1953, è Marylin Monroe, come mi ricorda la storica del costume Alessandra Lepri, in Gli uomini preferiscono le bionde, a fasciarsi di un leggendario abito color ciclamino-bubble gum con cui canta Diamonds are a girl’s best friends. È di qualche anno dopo, il 1957, la commedia musicale Funny Face, in italiano Cenerentola a Parigi, in cui Audrey Hepburn, bibliotecaria trasformata in modella, nel film vestita Givenchy, viene avvolta, accompagnata dalle parole in musica Think Pink!, in una lunghissima stola di tessuto rosa.

Due anni dopo nasce Barbie, la bambola più venduta del mondo, con tutto il suo repertorio rosa. Sono gli anni di Bellezza in bicicletta, poi delle maglie rosa di Gimondi e di Coppi cui si è ispirato il brand Rapha per una maglia vintage che ho indossato all’Eroica 2017. Anni in cui quella maglia color gomma da masticare o fenicottero diventa ambita da uomini e donne, transgender e unisex come poche.

Trovatemi una donna o un uomo che vada in bici da strada oggi che non vorrebbe quella maglia rosa. O, almeno, una maglia rosa… O chiedete a Paola Gianotti, raffigurata nelle immagini di Ilona Kamps a Milano Bike City, perché per il suo Giro 2018 all’insegna di “Io rispetto il ciclista”, ha scelto il rosa shocking.

Cabina rosa Skyway Montebianco Giro d'Itaia 2019
La Cabina dello Skyway Monte Bianco tinta di rosa per il passaggio del Giro 2019
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