Ai primi tentativi di ripresa del turismo, gli alberghi diffusi potrebbero essere la giusta risposta alla necessità di distanziamento post emergenza Coronavirus. Chiamato anche al suo esordio borgo-hotel, l’albergo diffuso è una struttura ricettiva con camere sparse, diffuse appunto, nel centro storico di un comune, facenti capo a una piccola reception e a una saletta per la prima colazione. Un fenomeno nato decenni fa, frutto della riscoperta dell’Italia minuscola, non minore, fuori dai sentieri battuti, legato al concetto “expect more pay less”: si paga una sola camera, ma ci si aspetta di vivere un intero borgo. Alla ricerca di spazio, distanziamento e autenticità, benvenuti quindi al borgo doc, dove le insegne sono di legno, le viuzze lastricate, il neon sostituito dai lampioni romantici e le chiavi della camera paiono uscite da un racconto di Barbablù. In un’Italia che conta oltre 340 paesi fantasma, con 289 piccoli comuni sotto i 15.000 abitanti inseriti nel club del Borghi più belli d’Italia, va da sé che il borgo dovesse prima o poi essere oggetto di un rinnovato interesse, quest’estate legato all’esigenza di rimanere in Italia, al turismo slow e di prossimità.
Albergo diffuso: reception centrale e camere sparse nel borgo
Spuntato in quasi tutte le regioni d’Italia, con una maggiore concentrazione in Sardegna (15) e Toscana (11), l’ultimo nato a San Leo, nel Montefeltro, e lavori iniziati per una nuova struttura a Trapani, l’albergo diffuso non è un fenomeno recente. Risale al 1998 il primo riconoscimento da parte della Regione Sardegna che fissava a un massimo di 200 metri la distanze tra le camere e la reception.
“Le origini del borgo-hotel sono in realtà più lontane”, ha affermato Giancarlo Dall’Ara, ideatore della formula e attuale presidente dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi: “risalgono al 1982, anno in cui un gruppo di studio di cui facevo parte lavorava per dare nuova vita ai borghi della Carnia, in Friuli, distrutti dal terremoto del 1976”. Si cominciò da Maranzanis, incantevole frazione di Comeglians. Le case sparse nel borgo e i vecchi fienili furono trasformati in abitazioni per gli ospiti facenti capo all’ex latteria del paese, dove si offriva la prima colazione. Peccato che la formula, già allora, mostrò la sua più grande debolezza: gli interni, salvo rare eccezioni, risultano modesti, con arredi che sono raramente di carattere.
La formula cominciò a diffondersi, con repliche più o meno riuscite, sintetizzata così da Giancarlo Dall’Ara che nel 2006 si è fatto promotore dell’Associazione Nazionale degli Alberghi Diffusi: “se l’agriturismo è bello, ma fuori città, e il bed & breakfast rappresenta ciò che si cerca ma al prezzo di dover stare a casa d’altri, l’albergo diffuso propone una terza via caratterizzata dalla diffusione orizzontale delle camere o degli appartamentini unita alla possibilità di fruire di servizi alberghieri come ristorazione, prima colazione, accoglienza, pulizie”. Un modello adottato attualmente in Italia da circa 200 realtà di cui solo 70 con i requisiti per essere riconosciuti ed essere ammessi nell’associazione nazionale.