Lo sport cessa, in teoria, di essere una delle ultime isole di discriminazione di genere. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla legge di Stabilità che equipara le atlete donne agli sportivi maschi. Cambia dunque il rapporto tra la donna e lo sport. A cicliste, calciatrici, pallavoliste, nuotatrici e tutte le donne dello sport vengono teoricamente estese le tutele previdenziali contemplate nella legge di riforma dello sport. E non solo. Per incoraggiare la “promozione” a professioniste, la manovra introduce un esonero contributivo del 100% per la durata di 3 anni per le società sportive che firmeranno, con le atlete donne, regolari contratti di lavoro sportivo.
Già in agosto, la riforma dello sport approvata al Senato, aveva riconosciuto, dopo 20 anni di battaglie da parte di ASSIST, l’Associazione Nazionale Atlete, la nuova figura di “lavoratore sportivo”. Un fatto che già in teoria superava l’applicazione della famigerata quanto obsoleta legge n. 91 del 23 marzo 1981, fatta ad hoc per il calcio, che delegava alle Federazioni il riconoscimento del professionismo nello sport. Come è noto, il rapporto tra donna e sport è stato per anni fonte di grande malcontento. Tutte le atlete, cicliste incluse, erano fino ad oggi semplicemente dilettanti: nessuna tutela previdenziale, nessuna licenza di maternità, nessuna garanzia di guadagni, a prescindere dal numero di coppe, titoli o medaglie vinte. Le donne nello sport, come in una commedia di Totò, erano affidate all’arte di arrangiarsi con sponsor, contratti, assunzioni presso i Carabinieri e la Polizia.
Donna e sport: una riforma a favore
Voluto dal sottosegretario al Consiglio dei Ministri Giancarlo Giogetti, il decreto legge dello scorso agosto suonava come un primo passo nella direzione dello sradicamento delle discriminazioni. In primis, la riforma vuole promuovere e accrescere la partecipazione e la rappresentanza delle donne nello sport, garantendo parità di genere nell’accesso alla pratica sportiva. In materia di professioni, sia nel settore dilettantistico sia in quello professionistico, sono previsti, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della riforma, decreti attuativi che disciplinino il rapporto di lavoro sportivo riconosciuto “specifico” e all’insegna delle pari opportunità.
Veniva così individuata, superando lo scoglio del professionismo non riconosciuto alle donne, la figura del lavoratore dello sport che può aver accesso a polizze assicurative e fondi di previdenza. L’articolo 8, comma E indica espressamente che le associazioni sportive debbano provvedere a tutelare gli/le atlete da molestie, violenze di genere e condizioni di discriminazione, come previsto dalla Carta Olimpica. Per le donne atlete, cicliste e non solo, si è ormai aperto un nuovo capitolo “all’insegna della dignità”, ha commentato Luisa Rizzitelli, presidente di ASSIST. Un nuovo mondo.