Ogni anno, le pensioni in Italia subiscono un adeguamento al costo della vita attraverso il meccanismo di perequazione, introdotto dalla legge n. 448 del 1998.
Questo strumento si rivela essenziale per i pensionati, garantendo che il potere d’acquisto dell’assegno rimanga costante nel tempo.
A differenza degli stipendi, che beneficiano dei rinnovi contrattuali e degli aumenti legati all’inflazione, le pensioni necessitano di un aggiustamento automatico basato sull’inflazione annuale per mantenere inalterato il loro valore.
Negli anni, la rivalutazione delle pensioni ha rappresentato un tema delicato per i vari Governi italiani. Ogni anno è necessario trovare le risorse adeguate per consentire questo adeguamento, una sfida particolarmente ardua nei periodi di ristrettezze finanziarie o durante crisi economiche.
In alcune circostanze, soprattutto quando erano richieste maggiori risorse per finanziare le politiche governative, la rivalutazione è stata ridimensionata o addirittura bloccata. Queste decisioni hanno spesso richiesto l’intervento della Corte Costituzionale a tutela dei diritti dei pensionati.
Il biennio 2023-2024 ha visto l’applicazione di tagli alla rivalutazione delle pensioni sotto il governo Meloni, giustificati da esigenze economiche e da un tasso di inflazione eccezionalmente elevato.
Tuttavia, con l’avvicinarsi del 2025 sembra emergere uno scenario differente: non vi sono più motivazioni valide per mantenere un approccio così restrittivo alla questione della perequazione.
Con un tasso di inflazione previsto intorno all’1,6%, secondo l’ultimo Documento di economia e finanza (DEF), si prospetta una ripresa del sistema tradizionale di adeguamento.
La legge n. 448 stabilisce che la parte dell’assegno fino a quattro volte il trattamento minimo sia rivalutata al 100% dell’inflazione accertata; tra quattro e cinque volte al 90%; oltre cinque volte al 75%.
Questa struttura progressiva assicura vantaggi significativi soprattutto in periodi di alta inflazione ma garantisce solo parzialmente il recupero del poter d’acquisto alle fasce più elevate.
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