Molte persone si chiedono se sia possibile aumentare la propria pensione, soprattutto se si percepisce un importo basso: ecco come fare.
Sono diversi i motivi per i quali alcune persone possono ricevere una pensione molto bassa. Ad esempio, un lavoratore che ha versato pochi contributi o lo ha fatto per un periodo limitato non godrà di una prestazione elevata. Oppure, se gli stipendi ricevuti sono sempre stati bassi, anche la pensione sarà proporzionalmente ridotta. O ancora, molti in passato hanno potuto lavorare solo in nero, senza un contratto regolare, e non hanno avuto modo di versare contributi previdenziali.
Per tutte queste ragioni, una persona potrebbe ricevere una pensione bassa ed è lecito chiedersi se ci sia qualcosa che si possa fare per aumentare l’importo. Ebbene, ciò è possibile, ma ovviamente ci sono dei requisiti da rispettare. La procedura in questione è nota come integrazione al minimo e si può fare richiesta in modo molto semplice. Bisogna solo capire quali sono le prerogative e se eventualmente si ha diritto ad eventuali arretrati.
L’integrazione al minimo è quindi una misura che garantisce ai pensionati con assegni particolarmente bassi un importo aggiuntivo, fino a raggiungere una soglia minima stabilita per legge. Per il 2024, questa è di 598,60 euro al mese, ovvero 7.781,93 euro all’anno. Tale aiuto economico è essenziale per garantire un reddito adeguato a chi percepisce una pensione che non consente di coprire le spese quotidiane. I requisiti per ottenere l’integrazione sono regolati dall’articolo 6 della legge 463/1983. Vediamo i vari casi.
Per chi è single o legalmente separato, il reddito annuo deve essere inferiore a 7.329 euro. Se si guadagna di più, la misura verrà ridotta progressivamente. L’integrazione al minimo si azzera quando il reddito annuale raggiunge 14.657 euro, che corrisponde al doppio del trattamento minimo annuo. Se invece la persona è sposata o unita civilmente, il reddito totale del nucleo familiare non deve superare i 29.314 euro all’anno.
L’integrazione inizia a ridursi se il reddito supera i 21.986 euro. Inoltre, nel caso in cui la pensione è calcolata interamente con il metodo contributivo, non si ha diritto all’integrazione al minimo. Anche se la prestazione proviene dalla gestione separata non è previsto l’accesso alla misura. Ad esempio, per lavori autonomi o collaborazioni occasionali. Se invece si ha diritto all’integrazione al minimo ma non è mai stata fatta richiesta, è possibile ottenere anche gli arretrati che possono coprire fino a cinque anni precedenti la data della domanda.
Oltre all’integrazione al minimo, esistono le maggiorazioni sociali, che permettono di aumentare ulteriormente l’importo della pensione. Queste dipendono dall’età e dai requisiti reddituali. Infatti, a 60 anni si possono avere fino a 624,44 euro al mese; a 65 anni 681,25 euro al mese; e a 70 anni 723,05 euro al mese. Inoltre, la maggiorazione è riconosciuta anche a invalidi civili, ciechi e sordomuti che rispettano i requisiti.
Per fare richiesta, c’è bisogno della dichiarazione dei redditi, dei documenti che attestano il reddito del proprio nucleo familiare (se applicabile) e un certificato di pensione che indica l’importo attuale. La domanda può essere presentata tramite il sito dell’INPS. Oppure, è possibile richiedere assistenza presso un patronato o un consulente previdenziale.
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