Un nuovo documento digitale obbligatorio sta per fare il suo ingresso nella vita degli europei, rievocando un spettro che si sperava dimenticato.
L’Unione Europea si appresta a introdurre un nuovo strumento di controllo. Tornano alla memoria i giorni terribili della pandemia, quando a essere tracciato era ognuno di noi. Qualunque cosa si pensi dell’efficacia delle misure, essere controllati procura sempre ansia, e limita la libertà.
In certe situazioni però, la tracciabilità diventa importante ed è nell’equilibrio tra libertà e sicurezza che occorre trovare la giusta via di mezzo, senza cedere alla paranoia e al terrore. Senza perseguire una libertà assoluta e quindi impossibile, senza esercitare smania di controllo quando non è strettamente necessaria. Ancora una volta l’Europa si trova di fronte a questo bivio. Questa volta, però, il settore interessato non è quello sanitario, bensì quello automobilistico.
Il passaporto digitale: cos’è e come funziona
Il nuovo documento digitale, che alcuni già chiamano “Green Pass 2.0”, promette di tracciare e monitorare ogni aspetto di un elemento chiave della mobilità moderna. L’iniziativa, parte di un più ampio progetto di digitalizzazione, mira a fornire informazioni dettagliate e a garantire una maggiore trasparenza. Tuttavia, come accadde con il suo predecessore sanitario, questa novità sta già sollevando interrogativi sulla privacy e sul controllo dei dati personali.
Il nuovo documento digitale obbligatorio, che l’Unione Europea ha deciso di implementare, è in realtà un sistema di tracciabilità per le batterie dei veicoli elettrici. Questo “passaporto”, accessibile tramite un semplice QR Code, conterrà una vasta gamma di informazioni, coprendo l’intero ciclo di vita della batteria.
Le informazioni memorizzate includeranno dettagli sui materiali utilizzati, compresi quelli recuperati dal riciclo, la composizione, la provenienza dei materiali, la presenza di sostanze chimiche pericolose, le possibilità di manutenzione e riparazione, nonché le opzioni di riutilizzo e smaltimento. Inoltre, il passaporto fornirà dati sulla CO2 emessa durante i processi di produzione e informazioni sui processi di trattamento, riciclo e recupero a cui la batteria potrebbe essere sottoposta al termine della sua vita utile.
Come nel caso del Green Pass sanitario, non tutte le informazioni saranno accessibili a chiunque. Il sistema prevede due livelli di accesso: uno pubblico, destinato ai consumatori e a chi ha un legittimo interesse, e uno riservato, accessibile solo alle autorità di regolamentazione. Le informazioni commerciali sensibili, i dettagli sull’installazione della batteria e i rapporti di prova saranno visibili solo a chi è autorizzato o agli organismi ufficiali che dovranno operare sulla batteria durante il suo ciclo di vita.
Il regolamento UE stabilisce che tutte le batterie industriali superiori a 2 kWh e le batterie per veicoli elettrici dovranno essere dotate di questo passaporto individuale. Sarà responsabilità di chi immette la batteria sul mercato garantire che il passaporto sia accurato, completo e costantemente aggiornato.
Nonostante le buone intenzioni dichiarate, ci sono ancora alcuni punti da chiarire. L’Alleanza europea per le batterie (Batt4EU) ha sollevato alcune questioni, come i protocolli da utilizzare per convertire le informazioni nel passaporto, gli indicatori per mostrare i requisiti delle batterie, e come distinguere chi ha accesso legittimo alle informazioni commerciali da chi può accedere anche a quelle riservate alle autorità. Inoltre, si sta ancora discutendo su come i produttori di batterie potranno mantenere il controllo sull’accesso al passaporto.
Lo spettro del Green Pass è tornato, o quasi. Speriamo che questa volta i grandi problemi connessi siano gestiti con più attenzione agli interessi di tutti.