La SS125, il tratto di Orientale Sarda che da Dorgali volge verso sud è il must ciclistico della Sardegna. A bassissima densità di traffico, da percorrere in bici da corsa o da turismo, la Statale 125 meglio conosciuta come Orientale Sarda fu asfaltata nel 1928, tagliata a 900 metri di altitudine nel Supramonte profondamente inciso da grotte, canyon e doline carsiche. Il posto dove sono state ritrovate le prime tracce antropiche della Sardegna è una successione infinita di tornanti morsi da lecci, terebinto e fillirea. Quando si percorre l’Orientale Sarda in bicicletta, bisogna dimenticare il mare. Per un attimo. Per appena 200 chilometri. Spostando l’attenzione sulle biciclette che sfilano sottili sull’asfalto. Nel silenzio più assoluto. Sulle magiche curve senza soluzione di continuità al cospetto del Supramonte, tra Barbagia e Ogliastra. Tra valloni di antichissima transumanza e mandorli che s’incrociano già fioriti dopo Urzulei, prima del Gennargentu. O sulle pecore che appaiono all’improvviso, onde di lana compatte e fuggitive, dietro un tornante.
Viaggiare in bici in Sardegna: il fascino dell’Orientale Sarda
Da Dorgali fino a Genna Croce, l’Orientale Sarda è aperta verso ovest, offrendo spettacolare la vista delle creste calcaree assediate dalla macchia. C’è un piccolo belvedere all’altezza del Rifugio di Su Gorrupu da cui parte la strada bianca che conduce all’omonimo canyon. La prima casa cantoniera che s’incontra pedalando si mostra sbiadita e stropicciata. Passo Genna Silana, a 1017 metri, poco più a sud, è il punto più alto di questo tratto dell’Orientale Sarda. Ma in bicicletta non lo si sente: la salita è costante, il dislivello del 5%. Il piccolo Bar Silana, con il caminetto spesso acceso e la terrazza, è un punto di sosta per ciclisti e arrampicatori ed anche una buona base di osservazione della wilderness. In questo territorio ruvido, per niente gentile, solo gli ovili con il tettuccio di ginepro, costruiti per fare il formaggio, ricordano che qui è penetrato l’uomo.

Le cale con i massi di borotalco
A est dell’Orientale Sarda, si comincia a scorgere il mare. La Codula di Luna, antico letto di fiume ora ridotto a un solco di sassi, porterebbe a piedi a Cala Luna, nel Golfo di Orosei. Le vicine Cala Mariolu e Cala Goloritzé, con i massi color borotalco srotolati dalla falesia, non sono a vista. Ci vorrebbe una barca o un trekking tra corbezzoli e lecci secolari, su un sentiero di schegge calcaree.
Mardorli in fiore
A Genna Croce si lascia l’Orientale. E c’è ancora da pedalare. Sappiamo che il dislivello totale è di 2900 metri, ma che le salite sono mediamente dolci. I punti più duri sono i tornanti dopo Talana, il successivo passo di Orostodde e il passo di Correboi prima di Fonni, il paese più alto di Sardegna, in piena Barbagia. Prima di Talana, dopo aver incontrato sugherete e mandorli in fiore che fanno da guardrail, si riscorge il mare, più o meno all’altezza di Santa Maria Navarrese, un porticciolo con la chiesetta del Mille costruita con ginepro e tetto di canne che annuncia, più a sud, la vicinanza all’ampia spiaggia di Torre di Barì, con la sua Torre Spagnola.
Le steppe del Gennargentu
La vista del Gennargentu, dopo la salita di Orostodde, le steppe e le sue cime stondate, è di grande impatto. Specie in bicicletta, in cui l’incontro con la wilderness ha uno più denso spessore. Lo scrittore inglese D.H Lawrence, in viaggio con la moglie Frida, nel 1921, verso il cuore inviolato dell’isola, pigiato contro bisacce di lana grezza su un trenino a scartamento ridotto, racconta così questi monti, in Mare e Sardegna: con “piccole manciate di querce e castagni e di sugheri… con qualche mucca nera che cerca di scrutare verso di noi tra la sterpaglia di mirto verde e di corbezzoli”.
Azzurro Oliena
A Fonni ci salutano i primi murales. Mamoiada, sulla Strada de vino Cannonau, con la vite ad alberello che cresce felice sui terreni ventilati, è dove le fave lessate con il lardo hanno appena accompagnato i balli intorno ai falò, nel Carnevale in cui sfilano, emblematici della lotta tra primavera e inverno, le maschere dei Mamuthones. Orgosolo è paese di ex briganti e murales. Oliena, con le case un tempo intonacate di celeste, il cosiddetto azzurro Oliena, è assediata da mandorli e ulivi.
La grazia di Galtellì
La pedalata è ormai agile, nonostante i chilometri. Il percorso porta ancora a Galtellì, borgo di straduzze acciottolate e cortili chiusi, con architravi di ginepro e soffitti di canna, una torre campanaria medievale e le memorie del passaggio di Grazia Deledda: un piccolo concentrato di grazia altrimenti perso nella più parte dei paesi sardi. A Dorgali sopravvivono, complice il turismo di biker, arrampicatori e naviganti che fanno base a Cala Gonone, forme antiche di artigianato: ceramica, cuoio e coltelli, ma soprattutto filigrana, usata per orecchini e bottoni, nei costumi tradizionali, testimonianza della ricchezza dei pastori.
Il mare chiama
Da qui, irresistibile il mare chiama. La cala di Osalla, a metà strada tra Orosei e Cala Gonone, un tempo raggiunta dai soli sterrati dei carbonai tra macchia e giunchi, è aperta, quasi la foce di un canyon rivestito di euforbia. Giunsero qui anche Giannini e la Melato, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto. Adesso è ancora inverno. Il mare è celeste intenso. La wilderness non è affatto cool. Però che gusto arrivare fin qui in bicicletta e non voler essere altrove.
Questo articolo è stato realizzato con l’aiuto degli amici di Mediterras, validissimi ciclisti e conoscitori della Sardegna in bicicletta.