Nel 2019 è stata Capitale del Turismo Smart. Per il Capodanno 2020, per riconfermare la sua vocazione golosa, Lione vi invita a cena nei suoi svariati ristoranti stellati e nei suoi ristoranti “bistronomique”, i neo bistrot a vocazione gastronomica. Gli appassionati di ciclismo, generalmente voraci, non si faranno pregare. Trecento chilometri di separazione dalla sobria Torino, ed ecco che i ristoranti si tingono di stelle, i mercati si riempiono di salumi e fois gras, e due grandi fiumi, in una delle zone di rigenerazione urbana più vaste d’Europa, confluiscono per dare le fondamenta a una nuvola di cristallo, un museo contemporaneo di scienze ed arti.
Arrivi a Lione e già la vista del gigantesco uccello d’acciaio della stazione TGV dell’aeroporto, disegnata da Santiago Calatrava, racconta in sintesi quello che è: una solida città nel cuore dell’Europa, nel Rodano-Alpi, più e meno a metà strada tra Parigi e Marsiglia, che si è divertita a interpretare le stratificazioni della storia, 2000 anni o poco più aperti ad accogliere il contemporaneo. Questo è il posto di Le Corbusier e Paul Bocuse. Ma nulla è com’era. Il convento La Tourette progettato dal primo è diventato un’eclettica residenza per artisti, danzatori e architetti in viaggio-studio. Il ristorante gastronomico del grande chef Bocuse ha generato una famigliola di brasserie satellite a prezzi più leggeri.
Lione a Capodanno: per ciclisti curiosi e golosi
Partiamo dalla storia e lasciamo i bagagli al Collège, nella città vecchia, la ricostruzione a tema collegio scolastico di un vecchio albergo Art Déco. Un album della nostalgia ideato dal patron Jean Luc Mathias, della serie: vestivamo con i calzoni corti. La buona notte è servita tra i libri della quinta elementare e all’entrata ti accolgono i banchi con le pennine a inchiostro. Al nuovo Musée des Confluences, all’insegna della contemporaneità, si arriva con il vaporetto che, lungo la Saona, con a bordo fino a 10 biciclette, fa la spola tra piazza Bellecour nella Vieux Lyon e il nuovo quartiere postindustriale della Confluence, sede della Biennale di Arte Contemporanea, nato dalla riconversione dei magazzini portuali, delle rive, del mercato all’ingrosso.
Primo fabbricato in Francia con la firma degli austriaci Coop Himmelb(l)au conosciuti per i progetti di architettura “decostruita”, nasce dall’ardita interazione di una struttura di vetro, il Cristal, con le sale espositive raccolte sotto il nome di Nuage, nuvola, allungate all’esterno in un giardino pubblico che occupa la parte terminale della Presqu’Ile, la penisola alla confluenza dei fiumi Rodano e Saona. Si passeggia, si va in bicicletta, e si curiosa nei padiglioni dedicati alla Scienza della Terra, della Vita, alle Scienze Umane e alla Tecnologia.
Si ritorna poi alla tradizione. Il Natale è andato in scena tra gli chalet golosi del Marché de Noel de la Place Carnot, fino al 24 dicembre. Il colesterolo invece, si presenta inevitabile nei menu dei caratteristici bouchon, le trattorie che prendono il nome dalla consuetudine delle stazioni di posta di esporre un tappo (bouchon) di paglia, a mo’ di specchietto per le allodole, per attrarre carrozze e cavalli da strigliare (bouchonner, appunto).
Restano poi i ristoranti stellati da scoprire, oltre alle botteghe golose delle Halles de Lyon, il vecchio mercato coperto dislocato nella città nuova, le famose “mamme” Richard, per i formaggi, e Colette Sibilia, per i salumi, da non mancare. I lionesi ci vengono la domenica mattina, per spiluccare qua e là fois gras, salsiccia al pistacchio e formaggi a pasta cruda o di capra.
Lo shopping va in scena nelle zone pedonali della Presqu’Ile, tra rue Victor Hugo e rue de la Republique. E nella Vieux Lyon, tra i più estesi quartieri rinascimentali del Vecchio Continente, dove si fa volentieri un salto al Passage Thiaffait, dietro l’Opéra, tempio di designer e giovani creativi. Nella non lontana rue Mercier, Violette et Berlingot, tappa mignon e molto francese, presenta confetti, bonbon e cioccolatini come la boule con pasta di mandorle e pere caramellate e la quenelle, pralina di pasta di mandorla rivestita di cioccolato bianco.
Fuori dai sentieri più battuti, ecco la collina della Croix-Rousse dove nel XIX secolo lavoravano i tessitori di seta, l’industria che con i suoi 40mila telai rese ricca Lione nel 1800. Nel laboratorio-museo Maison des Canuts, unico in Europa per il restauro di tessuti antichi, ti raccontano la storia di un tale Josef Marie Jacquard che s’inventò il telaio che leggeva, su una carta perforata, le istruzioni per la tessitura.
Furono questi tessitori, in epoca di malattia dei bachi da seta, a inventare la viscosa. Adesso i fili da seta arrivano dalla Cina e dal Brasile, tessuti e stampati per le grandi maison di moda ancora qui nella regione. Se avete un foulard di Hermès nel cassetto sapete da dove viene. Il momento clou del quartiere è il Marché des Soies, la grande mostra-mercato al Palais du Commerce, dal 20 al 23 novembre. Ci si viene per tuffarsi nei foulard. Più leggeri della cucina dei bouchon, segnano una Via della Seta tutta francese. A prezzo di fabbrica.