All’Eroica 2017 noi donne eravamo 850, un numero che per la prima volta ha superato il 10% dei ciclisti totali. Una ciclista è arrivata dalla Cina.
Io più semplicemente da Casole d’Elsa. Nei 50 minuti di viaggio che mi separavano da Gaiole, mi sono chiesta: perché L’Eroica piace così tanto?
Perché muove gente dai più remoti angoli del mondo (quest’anno da 58 paesi stranieri tra cui Azerbaigian, Vanuatu, Pakistan, Perù)? Così ho cominciato a stilare la mia personalissima lista di buoni motivi.
1. L’Eroica è un rito, il rito ciclistico che segna l’entrata nell’autunno. Castagne, cachi e foglie oro-arancio come nelle Langhe, le Foreste Casentinesi e le Colline del Prosecco dove ho di recente pedalato. Ma anche grigio, pioggia e poca luce. L’Eroica è l’anti Carnevale, il rito che segna la fine dell’inverno. Invece di bruciare pupazzi e legna, far fuoco a cataste e scacciare i fantasmi del freddo con fave e falò, si accoglie comunque con gioia la pioggia e il fango. La finocchiona del macellaio Cecchini, a Panzano, aiuta; così un buon bicchiere di Chianti. Con la sua sacralità primitiva, il rito, scomparso dalla nostra cultura globalizzata e digitale, affascina ancora. È vitale. Noi ciclisti eroici, almeno una volta l’anno, ne abbiamo bisogno.
2. L’Eroica è tutt’uno con un paesaggio archetipico: i boschi, le colline, i borghi, i casali, l’uva, i filari, le fughe prospettiche della campagna toscana. La quintessenza del paesaggio italiano, morbido e rassicurante, stratificato di storia e buone pratiche agricole, tutelato nella sua sostanza e nella sua estetica. Geometrie arcaiche che paiono dipinte, che racchiudono memorie storiche e letterarie. Un libro aperto che non bisogna studiare, ma semplicemente contemplare.
3. L’Eroica poggia su un sistema di valori inattaccabile: nasce per mano di Giancarlo Brocci, ma diventa ben presto di tutti e universale. Nasce per difendere le strade bianche di Toscana dalla morsa dell’antropizzazione e dell’asfalto. E’ green e sostenibile ante litteram. Elogia la polvere nell’epoca della detersione. Giustifica il fango nel mondo della disinfestazione. Eleva il paesaggio a protagonista, non a pura cornice. Contribuisce al senso di comunità, complicità e fratellanza tra ciclisti. La regola n. 6 del vademecum del Ciclista Eroico elaborato da Brocci enuncia che “L’eroico chiede a un altro se è in difficoltà, si ferma quando è il caso, si guarda intorno, libera la mente, gode del paesaggio ogni volta che la guida glielo consente.” Ditemi se non è universale tutto ciò.
4. L’Eroica giustifica la nostalgia. Renzo Piano ha detto che la nostalgia è un tic reazionario, una reazione nevrotica alla realtà. Sarà. Probabilmente siamo tutti mediamente nevrotici, ma che fa? Trattasi di nostalgia del ciclismo eroico? Di un tempo in cui in bicicletta si masticavano davvero fatica e polvere? La tensione al vintage non ha mai abbandonato la scena estetica. La memoria e i suoi derivati emozionali sono il filo interpretativo di tanti fenomeni. Non si tratta di ossessione del passato, piuttosto di una riscoperta in chiave creativa. Il vintage è nutrimento, non è una ripetizione ossessiva. È riscoperta della maglia originale, non della copia. Valentino Campagnolo, per la prima volta all’Eroica, ha detto commosso: “qui ho rivisto spezzoni della mia vita. L’Eroica mi fa ricordare mio padre”. Per alcuni, L’Eroica ricuce i fili della memoria familiare. Per altri, diventa ispirazione per un disegno.
5. L’Eroica è mercato. Mesi fa stavo per scambiare un manubrio degli anni ’80 con un reggiseno nuovo: il bustaio è un appassionato di bici vintage e si diverte, quando non è impegnato in negozio, a nastrare i manubri con vera pelle di gusto rétro o a fabbricare selle per le bici eroiche. L’Eroica piace anche perché prima di Gaiole, e a Gaiole, si fa mercato. Come in una piazza medievale. Mancano solo i portici… Per il resto si baratta e si fanno chiacchiere. Proprio come un tempo.
6. L’Eroica di Gaiole resta unica e inimitabile. Nonostante i tentativi di replica. Nonostante l’espansione internazionale. Ha in sé tutti gli ingredienti della favola: un protagonista buono e inizialmente sfortunato cui il tempo dà giustizia; le prove da affrontare – le salite presenti in ogni percorso-; la maschera da indossare – l’abbigliamento vintage -; i castelli nei dintorni; le donne gentili che ti rifocillano nei ristori; il vino rosso che ti premia alla fine; il sudore e il fango che non danno fastidio a nessuno.
7. All’Eroica noi donne siamo solitamente il 10%. Quest’anno ancora di più. E ciò mi piace. Tante, poche? Non importa. Per poche che siamo diamo alla ciclostorica un carattere in più. Ve la immaginate un’Eroica senza nemmeno una gonna, un rossetto o una veletta? Sarebbe come immaginarsi i percorsi toscani senza nemmeno una curva…
8. L’Eroica è romantica. È una delle ultime feste di paese cui si partecipa in prima persona, pedalando con le proprie gambe. Non si mangia solamente e non si osservano gli altri ballare. Non c’è folclore, ma senso di comunanza. C’è sempre stata autenticità. Si pedala e si chiacchiera. Noi pedalatori siamo per certo gli ultimi romantici: un po’ illusi che il mondo si possa cambiare; un po’ convinti che con la bici lo si possa salvare.
9. All’Eroica vengono da tutto il mondo. Mi piace immaginare il viaggio e la preparazione di questi giapponesi, argentini, neozelandesi. Che ne sanno in Afghanistan o in Eritrea di Coppi e Bartali? In quei paesi, polvere ne masticano già a sufficienza e la bicicletta salva la vita e il lavoro a chi abita in remote zone rurali. Mi piace che portino con loro, a casa, anche un granello di polvere di strada bianca italiana attaccato al telaio della bicicletta.
10. L’Eroica è ricerca e preparazione: della bici, degli accessori, dell’abbigliamento. Vale la regola della coerenza tra decennio di costruzione del telaio e stile di abbigliamento. Per noi donne è difficile ritrovare questa congruenza: ho raramente visto vecchie foto di donne che correvano in bici da corsa, se si eccettua l’unica immagine che si conosca di Alfonsina Strada risalente agli anni Venti. L’ispirazione è per noi più libera, come nei vestiti di tutti i giorni. Spesso basta indossare una maglia di lana. Il maglificio Santini quest’anno ha disegnato la prima maglia eroica da donna: 3 bottoni e zip in metallo, con le tasche e le maniche a pied-de-poule, nera e rosa, con i patch “polvere e fatica”, “cuore eroico” ed “eroica wheel” sul davanti.
Tralasciando l’abbigliamento eclettico anni ’70, il decennio della mia bici verde vintage che, come racconto in Perché questo blog, mi ha fatto innamorare della bici, quest’anno ho optato per la maglia di lana rosa della collezione Coppi di Rapha. In valigia avevo messo anche una blusa bianca e un gilet gessato. Noi donne, si sa, siamo sempre indecise fino all’ultimo. Ho usato tutto: uno sull’altro. Come nel 2015, anche l’Eroica 2017 è stata bagnata. La bici, come vedete qui sotto, era alla fine piena di fango. Del resto, non ho esordito dicendo che questo è il rito che ci traghetta nell’autunno? Ecco qua.
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