ladra di biciclette

il bike blog di una giornalista a pedali, 3° premio Blog Adutei 2019, Giornalista Amica della Bicicletta Fiab 2018

La ciclovia del Piave: un buon progetto tutto da mappare e realizzare

Quel “giù al Piave” che ricorre tante volte nelle corrispondenze del giornalista-scrittore Dino Buzzati, diventa mantra e scenografia di sfondo viaggiando in bicicletta lungo il Piave. Su “queste erbe, cespugli, alberi, viottoli, fossati” da cui l’autore aveva ricevuto “la prima poesia”, protagonisti di tanta storia, ho inforcato qualche giorno fa una mtb elettrica. E ho pedalato sul tracciato di una ciclovia che è ancora un progetto, ma che vorrebbe replicare, a partire dal 2019, il buon esito delle ciclovie europee montagna-mare quali la Monaco Venezia o l’Alpe Adria. È il BIM, il Consorzio del Bacino Imbrifero del Piave, ad aver creduto in questo progetto di 220 km riassunto nel sito VisitPiave, destinandovi parte dei ricavi della concessione di acqua per la produzione di energia elettrica. Un progetto ancora allo stato embrionale.

La ciclovia del Piave: dalle Alpi al mare

Il fiume sacro alla Patria che, mormorando e urlando, potrebbe raccontare la storia della Grande Guerra, nasce a 1840 metri di quota, alle pendici del monte Peralba, in alta Val Sesis, sopra Sappada, a settentrione della provincia di Belluno. Un  percorso tortuoso, con cascatine, scivoli e vasche naturali, lo porta verso il fondovalle, nel Cadore e nella conca tra Belluno e Feltre, dove scorre più lento fino a incontrare la pianura ai piedi delle prealpi venete, nel trevigiano.

segnaletica sul Piave

La vecchia ferrovia

Nel progetto della ciclovia, l’ipotesi più plausibile è quella di farla partire dalla Val Visdende, zona di alberi monumentali, gallerie di guerra, malghe e tracciati per mtb. Sopra Santo Stefano di Cadore, il tracciato scorrerebbe su strade a bassa percorrenza fino ad Auronzo di Cadore, in pieno ambiente dolomitico: un paesaggio di conifere e, in quota, rododendri, pino mugo e ginepro. Da Auronzo seguirebbe la provinciale fino a Pieve di Cadore (da evitare in piena estate!), ad eccezione del breve tratto tra Calalzo e Pieve interessato al recupero in chiave bike della vecchia ferrovia dismessa Cortina-Calalzo, conosciuta come la ciclabile o ciclopedonale Lunga Via delle Dolomiti.

Sulla Monaco Venezia

Da Pieve a Belluno si percorre verso sud il tratto di ciclovia, già realizzata e segnalata, della Monaco Venezia che offre scorci spettacolari su anse, monti e ghiaioni fluviali, in prossimità del fiume. Da Belluno a Feltre, il percorso è misto, segnalato con cartelli marroni che indicano il simbolo della bicicletta: per lo più asfaltato su strade a bassa percorrenza, con chiesette e borghi (uno tra tutti Mel) dove fare sosta. In questa fascia collinare, il Medio Corso del fiume è ciottoloso e ghiaioso e corrisponde alla zona di ricarica delle falde. Qui il fiume, per la natura del suolo, perde per infiltrazione il 35% della sua portata.

Colline del Prosecco Mariateresa Montaruli Ladra di biciclette
Le colline del Prosecco

Tra le colline del Prosecco

Ancora inesistente è poi il tratto da Feltre e Vidor, poco a sud di Valdobbiadene, al limite sudoccidentale delle appuntite e spettacolari colline del Prosecco, le “polentine”, candidate alla World Heritage List Unesco per il 2018, dove consiglierei di fare una bella deviazione per l’eccezionalità del paesaggio e la bontà del Prosecco Superiore. Curiosa è anche la sosta all‘Osteria senz’oste di Valdobbiandene: una casa contadina con vigna dalla cui dispensa, un tempo, si attingeva liberamente e con cortesia.

osteria senz'oste valdobbiadene

Sassi e acqua verde turchese

Il percorso da Vidor a Susegana, interamente da mappare, annuncia l’incontro ravvicinato con il grande fiume. Fa rivivere, negli intrecci degli accessi sassosi che avvicinano al letto, quel “giù al Piave” più volte ripetuto da Dino Buzzati. Qui si viene avvolti da un paesaggio di sassi calcarei lisciati dall’acqua verde-turchina, i punti dove un tempo si poteva attraversare su ponti di barche, distrutti poi durante la Grande Guerra. L’unico ponte rimasto in 40 km di percorso è quello di Vidor.

fiume Piave di Mariateresa Montaruli Ladra di biciclette

Tappa al castello

Sono vivide, in questo tratto in cui il letto è effimero, cangiante con le stagioni, le memorie della Grande Guerra. Nel Parco dell’Isola dei Morti (Moriago della Battaglia) dove, nell’ottobre del 1918, l’attacco degli Arditi sfondò le linee austriache, convivono insieme al memoriale, orchidee selvatiche, tigli e pino nero. Poco più a est, nella zone di risorgive dell’Oasi delle Fontane Bianche, tra Fontigo e Falzé, polle di acqua dolce trasparente inviterebbero al bagno. Due castelli, il Collalto in rovina, quello di San Salvatore a Susegana abitato e in parte in restauro, con doppia cinta muraria, chiudono in modo unico questa tappa a sud delle terre del Prosecco. Una buona tappa, qui, è la Frasca di Borgoluce: osteria in ampia tenuta con allevamento di bufale, caseificio, produzione di Prosecco Superiore, noci, miele e gallette di mais; con spaccio e casette in affitto, intorno al Castello di San Salvatore (della stessa proprietà e ancora abitato dai castellani).

Oasi Fontane Bianche a Falzé di Piave
La zona di risorgive Fontane Bianche

Gamberi e vino

Da Susegna a Fossalta di Piave, il lavoro di mappatura è ancora da fare. Si sa che da San Michele in giù si procede agilmente in leggera discesa e che a San Polo di Piave, la Chiesa di San Giorgio custodisce una pregevole Ultima cena con gamberi e vino rosso, elementi caratteristici del territorio.

ciclabile del basso piave
Un tratto della ciclabile del Basso Piave verso la foce

Verso la foce

Una ciclabile vera e propria, finita 3 anni fa, prende forma solo nel Basso Piave, da Noventa fino a Eraclea, costeggiando il fiume ora placido e limaccioso, in corrispondenza di Fossalta, San Donà e Musile di Piave, passando dalla riva sinistra alla destra. La pista ciclopedonale, in ghiaia stabilizzata, scorre nei boschi golenali e non sugli argini artificiali, spostati e rialzati, accanto a coltivazioni di mais, soia e vigneti. Le due rive ben distinte, il sacro fiume scorre nel suo alveo su un fondo impermeabile di limo e argilla, fino a sfociare tra Cortellazzo ed Eraclea mare. In tempi antichi sfociava tra Cavallino e il Lido di Jesolo. Da Musile, una diramazione della ciclabile lungo il Piave Vecchio, accorcia il percorso portando sulla Laguna di Venezia a Caposile. Pioppi bianchi, case coloniche con incannucciato di canne palustri, robinie, salice bianco e ontano nero accompagnato la pedalata.

Cosa manca?

Cosa manca? Una seria mappatura che contempli il conteggio dei chilometri e delle altimetrie (ignoto è il dislivello reale totale, sia positivo, sia negativo), seguita dall’apposizione di segnaletica univoca e facilmente comprensibile nei due sensi. Manca un punto di partenza facilmente identificabile (chi conosce la Val Visdense?) e raggiungibile con altri mezzi, dove si possano raccogliere informazioni e biciclette. Mancano i servizi al cicloturista lungo la strada: bike hotel, ristori, fontanelle, punti di ricarica. Ci sono parcheggi e rastrelliere all’arrivo? Quanto ci vuole ancora per raggiungere una stazione ferroviaria o l’aeroporto? E poi, a livello di comunicazione, come si fa a mettere una foto con una bici inadatta a questo tipo di viaggio, solitaria e caduta per terra sul dépliant del Basso Piave? Di caduti, pare, il grande fiume ne abbia visti già abbastanza.

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