In bici nel Parco delle Foreste Casentinesi: pedalando con i lupi

Gli eremiti studiosi della solitudine, nell’Appennino tosco-romagnolo, dovevano avere grandissima cura del bosco.

Loro non perdevano mai l’oggetto della loro ricerca: il “nascondimento”. Doveva esserci profonda sintonia tra ricerca spirituale, regola della comunità monastica e cura della foresta. In questi boschi di crinale, ora Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, dove gli ex voto di epoca etrusca venivano offerti al culto delle acque, l’ambiente cambia repentinamente, come se avesse la qualità dei sogni e delle favole. In bicicletta, basta un poggio o un’altura, per scorgere, a ovest, le faggete e abetine più antiche d’Italia; a est, sul versante romagnolo, dirupi e calanchi.

In bici nel Parco delle Foreste Casentinesi
Il Parco delle Foreste Casentinesi – foto fonte parcoforestecasentinesi.it – ladradibicicletta.it

La luce filtra a tratti tra i faggi oltre i 1400 metri prostrati come in preghiera sulle creste più battute dal vento. Il sole invade il bosco di roverella e frassino. Viene escluso sui terreni più freschi dove crescono cerri e carpini neri. Esplode invece sul Sacro Monte della Verna, a sudest, dove un Francesco non ancora santo ricevette le stimmate. In bicicletta, qui più che altrove, occorre vestirsi a strati. In questo mondo di risonanze parallele e foreste sacre tutelato come Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, anche i toponimi paiono uscire da un libro di favole: Buca delle Fate, Pietrapazza, Campo Cento Noci, Poggio della Regina, le Tre Fonti, Premilcuore, Cima dell’Orco. E’ qui che Dante in esilio immaginò il paesaggio dirupato, le cascate e le radure del suo Inferno. Francesco, il santo del volgo, si spogliò invece di ogni bene, per meditare con i lupi.

E i lupi conoscono bene la Riserva Integrale di Sasso Fratino. Il maschio e la femmina dividono la stessa tana: vagano, fanno l’amore, amano i piccoli e ululano spesso. Il rito notturno di appostamento per la conta, il wolfhowling che trasmette la voce registrata del predatore per ascoltarne la risposta è stato superato dallo studio delle tracce del patrimonio genetico. Ma non temete: i lupi non cercano l’incontro con le biciclette. Né lo fanno i cervi, la cui stagione degli amori, con i bramiti dei maschi che attirano la femmina, termina con il foliage autunnale.

Parco delle Foreste Casentinesi, 36.000 ettari di patrimonio dell’Umanità

Questo scrigno di solitudine, 36.000 ettari per lo più boschivi dove, nel 1520, fu stampato il primo libro dell’aretino, la Regola della Vita Eremitica sulla cura della foresta, è straordinario da attraversare in bicicletta. La Riserva di Sasso Fratino, cuore del Parco accessibile ai soli ricercatori, ha guadagnato, nel luglio del 2017, con la sua zona cuscinetto, l’eccezionale designazione di bene seriale transazionale Unesco, inserita tra le Faggete primarie dei Carpazi e di altre regioni d’Europa. Il giallo ocra dei faggi d’autunno, il colore che resta alle foglie quando la clorofilla, al calar delle ore di luce, cessa di rendere verde la foglia, si accende adesso accanto al rosso degli aceri, al violetto del frassino, al marrone del carpino. Uno stordimento per gli occhi che è adesso Patrimonio dell’Umanità.

Parco delle Foreste Casentinesi, in bici tra i lupi
Il Parco delle Foreste Casentinesi, patrimonio dell’umanità – foto fonte parcoforestecasentinesi.it – ladradibicicletta.it

Istituito nel 1993, il Parco protegge un lembo di montagne alte poco più di 1500 metri. Boschi di faggi e abeti bianchi le rivestono da secoli, tagliati dai monaci Camaldolesi per fornire travi all’Opera del Duomo di Firenze. Il fusto dritto e la sezione regolare, l’abete bianco, non autoctono, piantato dai benedettini, veniva, dall’Abetina di Camaldoli trasportato fino all’Arno, che nasce sotto il Monte Falterona, per navigare fino a Firenze. Quando la Ciclopista dell’Arno, da Stia a Marina di Pisa, sarà pronta, si potrà in bicicletta rifare il viaggio degli alberi. Al momento si può pedalare solo nel tratto tra Bibbiena e Rassina. Sacre agli eremiti, queste foreste sono anche terapeutiche: regalano a chi pedala una buona dose di forest bathing. Il faggio è infatti una delle specie arboree a maggiore potenziale emissivo di monoterpeni, le sostanza volatili benefiche all’organismo nella pratica del bagno di foresta.

Svettano alti i faggi del Casentino, vetusti perché cresciuti in posti particolarmente favorevoli. Suggeriscono l’immagine di una robusta serenità, le radici diffuse su una vasta area, crescendo in compagnia senza perdere d’identità, respingendo i rampicanti. Sul piano simbolico, aiutano a contattare la propria forza interiore, la fiducia nelle proprie capacità, rinnovando la capacità di giudizio.

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