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Il mito di Alfonsina Strada nel fotoprogetto di un’artista olandese

C’è voluta un’olandese, una fotoreporter che lavora a Rotterdam e vive sull’isola di Noord-Beveland, nello Zeeland, per raccontarci, con un fotoprogetto che è diventato un libro e che si è poi trasformato in una mostra (durante la prima edizione di Milano Bike City), la dimenticata storia della donna ciclista più famosa d’Italia, Alfonsina Strada.

Ciclista per passione, la Maratona delle Dolomiti e diverse granfondo alle spalle, fiduciosa che la bici possa “attraversare la vita delle persone quanto i luoghi”, Ilona Kamps si è trovata qualche anno fa sul Colle del Ghisallo.

Alfonsina Strada, il mito (ANSA) Ladradibicicletta.it

Era il 2011, seguiva il Giro di Lombardia. La vecchia bicicletta di Alfonsina Strada l’aspettava nel piccolo Santuario della Madonna del Ghisallo protettrice dei ciclisti, su quel colle sopra Bellagio, tra le coccarde e le altre bici vintage della storia, collocata così alta sulle pareti della navata da parere appartenente al mondo dei sogni.

“Fu un innamoramento immediato”, racconta al telefono dai Paesi Bassi. “Quella di Alfonsina Strada è la mia storia, mi dissi: un progetto che intrecciava una personalità tenace, coraggiosa e sfidante del comune sentire a vicende a sfondo sociale e sportivo. Volevo salvaguardarne la sua attualità e allo stesso tempo recuperarne la storia, scoprire cosa ne rimaneva”. Una storia di empowerment ante litteram.

La storia di Alfonsina Strada

Alfonsina Strada, la storia (ANSA) Ladradibiciclette.it

I fatti dicono che Alfonsina Strada, da ragazza Alfonsina Rosa Maria Morini, nacque a Castelfranco Emilia, in Emilia Romagna, nel 1891 da braccianti analfabeti e poverissimi. All’età di 10 anni, ricevette in dono dal padre la sua prima bicicletta, poco più di un rottame. Tra il paese e la Via Emilia, cominciò a pedalare, usando come scusa e copertura la Messa della domenica e riportando a casa salami, come premio delle primissime gare. A soli 14 anni, Alfonsina sposò il meccanico cesellatore Luigi Strada e, con la sua nuova bici, regalo di nozze del marito, si trasferì a Milano. Corse in Russia e a Parigi. Nel 1911 stabilì il record del mondo dell’ora. Nel 1917 partecipa, mischiandosi a soli uomini, al Giro di Lombardia.

Ma è il Giro d’Italia del 1924 (come si racconta nel video prodotto dalla casa editrice Gestalten qui sopra) che le assicura fama universale, un’edizione, la 16°, per vari motivi snobbata dalle grandi squadre, che prevedeva anche l’iscrizione individuale. Alfonsina Strada s’iscrive, accettata forse come motivo di attrazione. Tre giorni prima della partenza di Milano, la Gazzetta dello Sport scriverà che tra i partecipanti c’è un certo Alfonsin Strada di Milano. Davanti a lei 3.610 km ripartiti in 12 tappe da 230-415 km. Dei 108 iscritti, alla partenza si presentarono in 90. Al traguardo dell’ultima tappa arrivarono in 30. Una robusta emiliana dal viso rotondo da contadina era tra loro, anche se era stata purtroppo esclusa dalla classifica per essere arrivata, a una tappa, per forature e la rottura del manubrio, fuori tempo massimo. Si racconta che, ad aiutarla con il manubrio rotto intervenne una contadina e il suo manico di scopa.

Alfonsina Strada non partecipò più al Giro. A Milano aprì un negozio di biciclette. Per poi morire all’età di 68 anni alla guida della sua moto Guzzi.

Ilona, fotografa appassionata, s’impossessa della storia e si mette sulle sue tracce, pronta ad accogliere i segnali anche casuali che trova sulla strada: memorie, vecchie immagini, documenti, ma anche semplicemente le atmosfere. Nell’agosto del 2012, sulla tomba di Alfonsina Strada, a Cusano Milanino, piena di polvere e dimenticata, le promette: “Meriti di essere più conosciuta!”.

E così fa. In Emilia, Ilona si reca a Castelfranco e a Castenaso dove Alfonsina aveva vissuto; percorre la via Emilia fino a Faenza; visita Porta Saffi a Bologna. A Milano, scatta in Porta Ticinese dove partì il Giro nel 1924, al Velodromo Vigorelli, alla sua tomba, e in via Varese 80 e via Farini 33 dove aveva abitato. Parte anche per il Velodromo di Parigi, per il Vintage Criterium in Belgio e per l’Eroica di Gaiole di Chianti per cogliere le atmosfere delle gare anni ’20.

Ilona, le ho chiesto su Skype, che genere di donna hai scoperto in queste tue ricerche?”. Alfonsina Strada era in contatto con una voce interiore che la spingeva ad andare oltre le barriere di genere e sociali. Aveva una dote innata: la capacità di far fronte agli ostacoli, l’autostima, la convinzione di essere capace di raggiungere gli obiettivi che si prefissava. Era perseverante, risoluta, indipendente e piena di passione”.

La stessa passione di Alfonsina anima Ilona. Il suo fotoprogetto è diventato un libro, “Alfonsina Cycling is my life” in vendita sul sito “Alfonsina Strada” e al Museo del Ciclismo del Ghisallo. Il seguito della storia ha a che fare con l’ultratrailer Paola Gianotti che nel 2018 ha affrontato, a modo suo, anche ispirata da Alfonsina Strada, il Giro d’Italia.

Sulle barriere di genere e ciò che impedisce alle donne di andare in bicicletta leggi ancheIn bici diventiamo tutti uguali. Anche allo stadio. Ma non in Arabia Saudita.

Sulla storia delle prime donne in bicicletta leggi anche i miei articoliPiccola storia della bicicletta e 90 grammi di femminilità, piccola storia della gonna in bici.

Redazione

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