Sono più di 6.000 in Italia i km di ferrovie dismesse di cui la metà potrebbe diventare vie verdi, sentieri da fruire slow, a piedi o in bicicletta, meglio conosciuti come greenway. Si tratta di sedimi ferroviari in alcuni casi ancora armati di binari dove i vecchi treni potrebbero essere ripristinati in chiave escursionistica, come è successo in Friuli Venezia Giulia sul tratto Sacile Gemona. Percorsi di mobilità dolce dove, si legge nella 3a edizione dell‘Atlante delle Greenway su linee FS di RFI, Rete Ferroviaria Italiana, si potrebbero utilizzare i così detti ferrocicli, i carrelli a pedale che si muovono sui binari dismessi.
Nella definizione della European Greenways Association, le greenway sono “riservate esclusivamente a spostamenti non motorizzati, con caratteristiche di larghezza, pendenza e pavimentazione da garantirne un utilizzo facile e sicuro. Il riutilizzo delle alzaie dei canali e delle linee ferroviarie abbandonate ne costituisce lo strumento privilegiato”. Le vecchie ferrovie hanno tracciati quasi totalmente separati dalla rete stradale, pendenze moderate e costanti: sono perfette per il viaggio in bicicletta in modalità dolce.
La lotta per la rigenerazione dello spazio in chiave cicloturistica, di trekking o di escursione sui treni ripristinati a date stabilite è in atto, purtroppo, anche qui, come mi segnala Debora Sanna, responsabile comunicazione di Co.Mo.Do, l’associazione di cooperazione mobilità dolce che il 1° marzo 2020, Anno del Treno Turistico, celebra la 13a Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate idealmente prolungata fino al 1° aprile con l’etichetta del Mese della Mobilità Dolce. La Giornata esordisce con la ripresa della tratta Mandas – Laconi del Trenino Verde di Sardegna. E vuole essere un’occasione di riflessione sullo stato delle cose.

950 km di ferrovie dismesse diventate greenway
In Italia, 950 km di ferrovie dimenticate, pari a 70 tratti ferroviari, sono stati recuperati in chiave di vie verdi, sotto forma di ciclopedonali e trenini turistici. Per FIAB, Federazione Ambiente e Biciclette, solo 1.000 km sono stati convertiti in 57 ciclovie. Le ferrovie non più in uso sono elencate al sito Ferrovie Abbandonate. Cinquecento, secondo Co.Mo.Do, risultano i km riconvertiti al Nord; al Centro, con tutti i suoi limiti e interruzioni, brilla il faro della Spoleto Norcia; al Sud è la Sicilia la regione ad aver recuperato in forma di ciclovie e ciclopedonali circa un decimo dei 1000 km di ferrovie dismesse.
I primi interventi di recupero in chiave greenway sono stati avviati in Italia negli anni ’90 sull’ex ferrovia Ora – Predazzo, tra Alto Adige e Trentino (fino a Passo San Lugano il tracciato, sterrato e poco visibile a tratti, è percorribile in mtb; da Molina a Predazzo, in Val di Fiemme, scorre adesso la vera e propria ciclabile), lungo la vecchia ferrovia Roma-Fiuggi-Frosinone tra Paliano e Fiuggi; sulle linee Modena – Vignola, Caltagirone – Dittaino e Dobbiaco – Cortina d’Ampezzo.

Le ferrovie dismesse diventate ciclabili o ciclopedonali
Il 65% delle vie verdi ha una lunghezza inferiore a 10 km e quasi la metà non raggiunge i 5 km. Le vie verdi ciclabili che superano i 10 km, assumendo così una maggiore valenza cicloturistica, sono una minoranza, tra cui la molto battuta San Lorenzo – Ospedaletti di 23 km, in Liguria; la Treviso Ostiglia, di 52 km, in Veneto; la Udine (Tricesimo) – Tarvisio (parte della Ciclovia Alpe Adria), in Friuli Venezia Giulia, di 50 km; la ciclabile della Val Brembana, di 21 km, in Lombardia e la Ortona – Vasto chiamata Via Verde della Costa dei Trabocchi, di 40 km, in Abruzzo, purtroppo attualmente non percorribile per inaccessibilità delle gallerie. Un destino che l’accomuna alla ciclabile Spoleto Norcia, di 51 km, accessibile solo a tratti in seguito ai danni non rimediati del terremoto del 2016.

La nuova vita delle vecchie stazioni
Sono così rinate le vecchie stazioni di Chiusaforte e Ugovizza lungo la Ciclovia Alpe Adria, il magazzino merci della stazione di Santo Stefano-Riva Ligure nel Parco costiero del Ponente ligure, il casello di Retorbido lungo la Voghera-Varzi. La stazione di partenza della Spoleto Norcia è diventato un piccolo museo della memoria dedicato alla ferrovia scomparsa. Sulle greenway tra Bolzano e Caldaro, Ortisei e Plan Val Gardena, e tra Castellaneta e Palagianello in Puglia sono state valorizzate vecchie locomotive. Cippi chilometrici e spezzoni di binari sono stati conservati lungo le vie verdi delle ex ferrovie Poggibonsi – Colle Val d’Elsa, Brennero – Colle Isarco e Rocchette-Asiago.

I passaggi registrati dai contatori delle greenway
Il contatore dell’ex ferrovia della Val di Fiemme ha rilevato nel 2018 75.000 passaggi. L’ex ferrovia Rovereto Mori – Arco – Riva ne conta quasi 165.000 sul tratto Mori – Loppio – Nago dove la vecchia sede ferroviaria è stata trasformata nella ciclabile Adige – Garda da Mori a Riva del Garda. Dobbiaco, lungo la vecchia ferrovia delle Dolomiti Dobbiaco – Calalzo, ora ciclabile e parte della Monaco – Venezia, ha registrato oltre 30.000 passaggi tra maggio e luglio del 2017. Camporosso, in Friuli Venezia Giulia, lungo la greenway della ferrovia Pontebbana, quasi 90.000 passaggi nell’estate del 2016.

Oltre 3.000 sono invece i passaggi, in bici e a piedi, sulla San Lorenzo al Mare – Ospedaletti, conosciuta con il nome di Ciclabile di Ponente, pari a una ricaduta economica sul territorio di circa 22 milioni di euro. Creata in seguito alla dislocazione a monte della ferrovia, la pista ciclabile, a picco sul mare tra Marina di Aregai e San Lorenzo, ha due corsie, una riservata ai runner, e termina con la galleria ferroviaria di Capo Nero, 1,7 km di lunghezza, trasformata in un tunnel della memoria: con le biciclette rosa dipinte sull’asfalto nero e le iscrizioni, sempre di colore rosa, che raccontano i momenti salienti nella storia della Milano – Sanremo.

I trenini storici recuperati in chiave turistica
Secondo la legge Iacono del 2017 che ha individuato 8 linee turistiche da recuperare, i binari con 50 anni di età e almeno 25 di servizio che risultano ancora armati e testimoni della storia, non devono essere rimossi. Questi rami secchi dovrebbero essere destinati, come nel caso del Trenino Verde di Sardegna, al ripristino del traffico ferroviario in chiave escursionistica. I trenini storici recuperati in chiave turistica operano, solitamente dalla primavera, in date prestabilite.
Treno turistico e biciclette
Lì dove possibile, le carrozze per i bagagli e per il trasporto postale sono state destinate all’alloggiamento delle biciclette. Ad oggi, stima la Fondazione FS Italiane, risultano attrezzati 6 bagagliai per un totale di 300 posti bici destinati a diventare 1200 su 29 veicoli. Nei casi come la celebre Merano – Malles, abbinata alla ciclabile della Val Venosta, l‘andata va solitamente fatta in treno + bici e il ritorno in bicicletta. Ecco le tratte più conosciute dei trenini, storici o meno, che operano in chiave turistica:
- Sacile Gemona, in Friuli Venezia Giulia, la “Pedemontana”, con bici al seguito;
- Sulmona Isernia, via Roccaraso e Castel di Sangro, in Abruzzo e Molise, con bici al seguito, la “transiberiana” d’Italia”;
- Palazzolo Paratica, in Lombardia, il “treno blu“;
- Brescia Iseo Edolo, in Lombardia;
- Vie dei Laghi, in Lombardia, con bici al seguito (Lario Express, Laveno Express, Sebino Express, Iseo Express: andata in formula treno + bici e ritorno su ciclovia in bici).
- Trenino Verde di Sardegna (Mandas Arbatax via Laconi, Isili Sorgono, Sassari Palau, Macomer Bosa);
- Asciano Monte Antico, in Toscana, con bici al seguito, la “ferrovia della Val d’Orcia”;
- Porrettana Express, da Pistoia attraverso l’Appennino Tosco Emiliano, tra Toscana ed Emilia Romagna;
- Agrigento Porto Empedocle, in Sicilia, con le bici al seguito;
- Palermo Agrigento, in Sicilia, “il treno del mandorlo in fiore“;
- Moccone Camigliatello San Nicola, in Calabria, il “trenino della Sila“;
- Ceva Ormea, in Piemonte, la “ferrovia del Tanaro”;
- Merano Malles, in Alto Adige, la “ferrovia della Val Venosta”, con bici al seguito;
- Archeotreno da Napoli a Pompei, Paestum, Salerno e Sapri, in Campania;
- Reggia Express, da Napoli a Caserta, in Campania;
- Mezzano Trento Malé, in Trentino: operativa dal 1909, adesso con le bici al seguito, combinabile il ritorno su pista ciclabile;
- Valsugana, in Trentino: operativa dal 1910, attualmente consente le bici al seguito, combinabile con pista ciclabile.
Le greenway in Europa
In Europa, l’esperienza analoga più significativa è quella spagnola. In Spagna, le compagnie ferroviarie hanno dato vita a un programma chiamato Vías Verdes, coordinato dalla Fundacíon de los Ferrocarriles Españoles, come racconto nell’articolo sulla ciclovia Pirinexus. Dei 7.600 km di linee dismesse è stato recuperato più di un terzo. Si tratta di 125 greenways, per un totale di 2.800 km, con 110 stazioni risistemate per la creazione di servizi e attrezzature (fonte: 3° Atlante delle greenway di RFI).

La Francia si è dotata di uno Schéma national des véloroutes & voies vertes che conta circa 3.400 km di rail-trails, dotati di 690 contatori di passaggi su un totale di 6.000 km di ferrovie dismesse. Cinquemila km sono i rail trail tedeschi, su una rete di 13.000 km. La Gran Bretagna, con la realizzazione del National Cycle Network, ha recuperato circa 3.000 km di ferrovie dismesse sugli 11.000 totali, cominciando dall’avanguardistica Bristol. Fu a Bristol, città portuale e di treni a vapore che portavano alle miniere di carbone, che nel 1977, la neonata associazione senza scopo di lucro Sustrans rammendò la ferrovia dismessa che conduceva alla neoclassica Bath, creando così il primo tratto delle rete ciclabile nazionale.
