Il 22 settembre è World Carfree Day, la giornata mondiale senz’auto. Per me, priva di automobile da oltre 2 anni, non è una novità. Per le città che aderiscono, Londra, Rabat e Washington comprese, si tratta di un apparente ritorno alle giornate di austerity del 1973. Con consapevolezza e intenti completamente diversi. In quell’anno, fu la crisi petrolifera a introdurre la misura delle domeniche senz’auto, all’insegna del risparmio di carburante. Ci vollero quasi 2 decenni perché la Conferenza sulle Città Accessibili di Toledo, nel ’94, suggerisse di strutturare la proposta car free con più ampie finalità. Le prime giornate senz’auto, dopo Toledo, furono organizzate a Reykiavik, Bath e La Rochelle. Ma è Bogotà, nel 2000, anno di lancio della Settimana Europea della Mobilità e il World Carfree Day, che l’iniziativa attecchì in modo esteso e totale. A stringere il patto di amicizia tra la città e la visione Open Streets è stato l’agitatore green Guillermo Peñalosa, fondatore a Toronto di 8-80 Cities, la non-profit che promuove in tutto il mondo pratiche di nuovo urbanesimo.
Giornata Mondiale senz’Auto: il modello Bogotà
Nel 2000, Peñalosa lanciò a Bogotà Ciclovias, l’iniziativa che chiudeva al traffico, la domenica, 121 km di strade per dare luogo a un happening sociale senza precedenti. Fu il primo esperimento di chiusura del traffico in tutto il Sud America, uno dei più iconici visto che con Guadalajara, in Messico, si ripete per tutte le domeniche dell’anno. Ripensate come una “piazza allungata”, un po’ come l’agorà dell’antica Grecia, le strade diventarono o, tornarono ad essere, il posto d’incontro, di gioco, di danza e scambio per eccellenza.
L’assenza di auto divenne un collante sociale. La mancanza di traffico fu il primo passo verso un cambiamento comportamentale che, nella visione di Peñalosa, occorreva non semplicemente imporre, ma far vivere e sperimentare. Il modello Ciclovias, matrice dell’attuale progetto Open Streets di 8-80 Cities, cominciò a diffondere l’idea che le città potessero essere ripensate per le persone: per i bambini di 8 anni come per gli anziani di 80.
Il “pop up street makeover” di Toronto
L’ultimo successo di Peñalosa è l’aver trasformato, con un happening collettivo, il 23 e 24 agosto 2019, un intero isolato di Danforth Avenue, a Toronto, nella strada che raccoglie i desiderata dei residenti: un “pop up street makeover”, un restyling urbano realizzato con vernice temporanea, con una grande area pedonale, piste ciclabili in sede separata, arredo urbano e forme di intrattenimento per ogni età, nel segno della sicurezza per tutti.
I cardini del progetto Open Streets
Se si vuole far funzionare una giornata senz’auto, si legge nel progetto Open Streets di 8-80 Cities, bisogna portare la gente nei posti dove hanno sempre voluto andare. Strade di per sé iconiche come Park Avenue a New York sono posti che naturalmente attirano le persone e dovrebbero essere incluse nella porzione di città chiusa al traffico. Nel determinare la lunghezza del percorso chiuso al traffico, è bene ricordarsi che bisogna attrarre e mantenere alto l’interesse di chi cammina come di chi va in bicicletta. Per i ciclisti, 10 km rappresentano la soglia di sufficienza.
È anche importante che il divieto sia il più possibile continuo e regolarizzato in modo da essere memorizzato e comunicato. Un piccolo dettaglio che contribuisce al cambiamento comportamentale. L’identificare musei, parchi, mostre, bar e ristoranti, attività fisiche outdoor come lezioni di danza e yoga nella zona chiusa al traffico è altrettanto significativo per la riuscita della giornata senz’auto. Il tutto deve essere privo di barriere architettoniche, gratuito e fruibile da persone di ogni età.
Le pratiche sostenibili non sono tristi
Dopo decenni di applicazione, i detrattori del Carfree Day ne mettono ancora in dubbio l’utilità. È indubbio che aderire alla giornata mondiale senz’auto, senza calare l’evento in una visione più ampia di rigenerazione urbana, non basti. Per sostenere il cambiamento comportamentale, è necessario, secondo Peñalosa, far convivere questi elementi: senso del “qui e ora” (non posticipare), volontà politica, attitudine al problem solving, impegno dal basso, presenza di leader carismatici in tutti i contesti interessati. Aggiungerei che per lanciare lo stile di vita car-free è necessario ripulire le pratiche sostenibili di quella patina di esiguità e sacrificio che le avvolge, la stessa del colore delle lampadine per il risparmio energetico.
Le città ciclabili sono più gentili
Non avere una macchina è impegnativo e per certi versi limitante: comporta muovere il corpo a piedi e in bicicletta, e prendere mezzi pubblici per tutto il tempo. Con bagagli, spesa, cani e bambini non è semplicissimo. Non avere un’auto implica poter andare solo dove i treni e autobus pubblici arrivano. Ma è fuori di dubbio che muoversi in bicicletta in una città car-free o che ha limitato l’entrata e i parcheggi delle auto è sano e divertente (ai veicoli a motore viene imputato il 14% delle emissioni di diossido di carbonio, una percentuale che sale al 20 se si conta l’impatto di ricerca, trasporto, raffinazione e distribuzione del petrolio). Le città ciclabili e senz’auto hanno senza dubbio un aspetto e un carattere più gentile, più bello alla vista e meno aggressivo nei modi.
Sui benefici dell’andare in bicicletta leggi anche La bici ci fa felici.
Milano non aderisce
Nonostante il 22 settembre cada nella giornata finale di Milano Bike City 2019, la settimana di eventi dal basso dedicata alla bicicletta, Milano non aderisce al Carfree Day. L’assessore a Mobilità e Ambiente Marco Granelli ha dichiarato, senza ulteriori specificazioni, che la città “aderirà con iniziative sparse”, secondo indiscrezioni si tratterebbe di una pedalata celebrativa della 300esima rastrelliera del servizio di bike sharing BikeMi. Peccato. Sarebbe stato un’occasione per far vivere ai milanesi la città senza traffico e una testimonianza di adesione allo spirito di Milano Bike City. Il rischio è che queste iniziative, anche quando sposate, restino un bel quadro da contemplare per un solo giorno. Da ciclista, sono invece consapevole che occorre allenamento ovvero cadenza, ritmo, ripetitività per entrare nel sentimento della libertà e per abbracciare un altro stile di vita.
I paesi dove si gioca ancora per strada
Un giorno non basta per riappropriarsi di spazi ritenuti pericolosi. Il sindaco del piccolo paese di Vilminore di Scalve, nella bergamasca, ci ha provato quest’estate, nelle ore serali, con l’ordinanza “Vilminore chiude causa bambini che giocano”. Due anni fa, in Trentino, un simile cartello era apparso all’entrate del paesino di Sfruz: “Attenzione, rallentare, in questo paese i bambini giocano ancora per strada”.
La fantasia delle donne
Sempre il 22 settembre, in contemporanea con molte città del mondo, si svolgerà a Milano la Fancy Women Bike Ride, la pedalata femminile organizzata da Pinar Pinzuti di Bikeitalia all’insegna della fantasia nell’abbigliamento e delle biciclette creativamente decorate. Se la città avesse aderito al Carfree Day sarebbe stata salvaguardata la sicurezza. Un aspetto cui noi donne siamo particolarmente sensibili. Lo stesso dicasi della fantasia. Noi donne cicliste ne abbiamo una: quella di vivere in un mondo prevalentemente privo di auto, abitato da persone gentili.
Le foto di quest’articolo sono state scattate il 22 settembre 2019, alla partenza del Fancy Women Bike Ride, posteriormente alla stesura dello stesso.