ladra di biciclette

il bike blog di una giornalista a pedali, 3° premio Blog Adutei 2019, Giornalista Amica della Bicicletta Fiab 2018

Vogliamo essere donne e cicliste, non belle statuine o Miss

La Fédération Française de Cyclisme ha lanciato, a metà luglio, una campagna di sensibilizzazione sul ciclismo femminile che ha provocato non poche reazioni tra le donne cicliste. Corretto nell’intento, errato nei modi e nella forma, il “plan de féminisation” della Federazione francese porta il discutibile nome Les Missyclettes che ricorda il fatidico quanto obsoleto concorso di Miss Italia. Nell’immagine a supporto della campagna (sopra) c’è una “Miss” con casco da bici che ricorda un diadema di brillanti (ci manca solo la scarpetta…) e, nella cartella stampa, anche un’immagine in cui sfilano Ceneretola e le altre protagoniste dei cartoni di Walt Disney. In quelle favole hanno un senso, qui no.

Leggo nel dossier che la FFC s’impegna alla “femminilizzazione” del ciclismo attraverso la creazione di un brand trans generazionale, Misscyclettes. L’idea è promuovere il ciclismo femminile in tutti i suoi aspetti: nell’ambito sportivo, nel tempo libero e negli spostamenti urbani. Ma il magazine on line sulla bicicletta al femminile ellesfontduvelo.com da cui ho anche preso ispirazione quando ho ideato Ladra di biciclette, non la beve.

slogan campagna #fitgoreal

Le donne cicliste contro la farsa delle Miss

Se l’obiettivo è modificare l’immagine del ciclismo femminile, la campagna, paternalista e sessista, è un boomerang. Un recente articolo sul sito ellefontduvelo invita, con l’hastag #TDFpourELLES, a manifestare sui social contro “il nuovo deplorevole concetto di Les Misscyclettes e contro la pedalata farsa del 28 luglio”, in cui 1000 cicliste donne, con tanto di obbligo di maglietta gialla, sono state invitate a percorrere gli ultimi 7 km del Tour de France e ad accogliere i ciclisti professionisti all’arrivo sugli Champs Elysées, a Parigi. Un’iniziativa lanciata da A:S.O., l’organizzatore del Tour con la Città di Parigi. Le donne cicliste, scrive il magazine, sono rappresentate così: “hanno il diritto di andare in bicicletta, mentre i signori uomini hanno diritto al Tour de France”.

13 cicliste internazionali al Tour de France

Ellesfontduvelo invita invece a sostenere Donnons des Elles, il gruppo di 13 cicliste internazionali che, per 21 tappe e 3500 km, tra il 5 e il 27 luglio, ha pedalato, il giorno prima della gara, sull’intero percorso del Tour de France per sensibilizzare l’opinione pubblica, far rivivere l’emozione di un tour femminile parallelo a quello maschile e cambiare la rappresentazione/percezione del corpo della donna nello sport.

Stop alle belle statuine sul podio

Ciò mi ricorda che al Giro E, in ebike, che precedeva di mezza giornata le tappe del Giro d’Italia, cui ho partecipato pedalando sulla San Gimignano Orbetello, c’erano sempre due ragazze a fare da tristi e belle statuine sul podio a ogni presentazione e premiazione delle squadre. Mi hanno ricordato le Cariatidi viste al Museo dell’Acropoli di Atene. Quelle, almeno, sono arte. L’avvilente consuetudine delle ragazze da podio od “ombrelline” è stata eliminata alla Vuelta, alle Olimpiadi e anche nella Formula 1. Perché al Giro d’Italia e al Tour de France no? Prima del Tour, il gruppo di militanti francesi She36 ha lanciato una petizione a favore della scomparsa delle podium girls, meri oggetti di decorazione o di “ricompensa”. Il posto delle donne, nel ciclismo e nel mondo della bicicletta, è in sella, non su un palco. Ad oggi, abbiamo firmato in più di 37.000.

cariatidi museo dell'acropoli atene

Sono 18 milioni le sportive in Francia

Con 12.000 donne cicliste iscritte alla Federazione (10%) e circa 2 milioni di praticanti ciclisti, in Francia si stima che 18 milioni di donne su 38 milioni in generale praticano una qualche forma di attività sportiva almeno una volta alla settimana e che almeno 6 milioni siano disposte a cominciare o riavviare un’attività sportiva (fonte Union Sport & Cycle, 2017). Un potenziale enorme. Tra gli sport individuati come desiderabili dalle francesi, il ciclismo si colloca al 2° posto (25%) dopo il fitness (44%), appena prima del nuoto (24%). Tendenze che si riflettono anche sul consumo di prodotti legati allo sport. In Francia le donne rappresentano il 37% (+10% nel 2017) del mercato nel settore dell’abbigliamento sportivo e il 33% in quello della scarpa sportiva.

Il 50% delle biciclette sono acquistate da donne

È evidente che noi donne, cicliste o no, non vogliamo più fare le belle e tristi statuine. Nel 2007, leggo nel dossier La femme est l’avenir du vélo dell’associazione Villes Cyclables di Francia, la bicicletta è stata utilizzata nel Paese dal 48,5% di uomini e dal 41,2% di donne. Il 46 % dei ciclisti tra 4 e 65 risultavano di sesso femminile. Secondo Cycleurope, il grande distributore di marchi di biciclette tra cui Bianchi che fa capo a Salvatore Grimaldi, in Francia il 50% delle biciclette sono acquistate da donne. Nei segmenti bici da città e bici da turismo, il target donna rappresenta i due terzi delle vendite.

Il 52% degli utilizzatori del Vélib’ di Parigi sono donne

A Parigi, il servizio di bike sharing, Vélib’, è stato utilizzato nel 2011 al 52% da donne contro il 44% di uomini. A Strasburgo, la città più ciclabile di Francia, la proporzione donne uomini è 48% contro il 52% in materia di uso della bicicletta in genere. Dallo stesso dossier risulta che il deterrente numero uno all’utilizzo femminile della bici in città è la mancanza di sicurezza, o meglio la sopravalutazione del rischio che si corre in strada, in bicicletta.

campagna motivazionale This girl can

L’efficacia della campagna motivazionale inglese

Il fastidio generato dall’immagine della campagna francese mi ha ricordato la tremenda efficacia della campagna This girl can lanciata qualche tempo fa da Sports England, oggi portata avanti con l’hashtag #FitgoReal. In quella occasione, un semplice spot ha convinto nell’arco di un anno 2,8 milioni di donne a praticare più sport, ribaltando abitudini e stereotipi. Secondo uno studio svolto prima della campagna di comunicazione, lo sport, percepito “competitivo, impegnativo e poco femminile” fa fatica ad entrare nel sistema di valori della donna imperniato sui seguenti cardini: “looking good, nurturing friends and family, developing skills, having fun, achieving goals e feeling good”.

nuotatrice in piscina campagna this girl can

In tutta risposta, Sports England ha prodotto video e lanciato una campagna social di natura motivazionale, ispirata al pragmatismo inglese e al tema del libero accesso allo sport quale sia la taglia, il peso, l’estrazione sociale, la percezione del corpo e l’eventuale senso di inadeguatezza delle donne. Su Fb e Youtube sono comparse immagini di donne comuni e felicemente sudate che non hanno niente a che fare con le belle statuine o le belle favole. Immagini in cui ognuna di noi può identificarsi. La differenza con la Cenerentola francese è evidente.

donna pugile campagna this girl can

Tra gli sportivi, in Italia, il 21% è donna

In Italia non esistono dati univoci sull’utilizzo della bicicletta al femminile. Sull’attività sportiva in genere, il dossier Coni sui Numeri dello Sport del 2017 riporta i seguenti dati Istat: in Italia, il 28,9% degli uomini fa sport con continuità, con una punta massima tra gli 11 e i 14 anni (64,5%). Tra le donne, solo il 21% pratica uno sport in maniera continuativa. La percentuale più alta, 58,7% è raggiunta dalla fascia tra i 6 e i 10 anni.

Le donne cicliste tesserata in Italia

Le donne cicliste tesserate al luglio del 2019, secondo la Federazione, sono 1.345, di cui 325 Allieve, 480 Esordienti, 186 Junior, 286 Elite, 68 Paraolimpiche. Le cicloturiste iscritte a una qualche associazione sportiva risultano essere, nel 2018, 378 e 97 le ciclosportive, sportive amatoriali cui si richiede il certificato di idoneità per l’attività agonistica delle granfondo.

L’ACCPI ha accolto le donne cicliste

È stata Alessandra Cappellotto, ex campionessa ciclista e vice presidente dell’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti, ACCPI, promotrice anche della campagna sul “metro e mezzo” di distanza laterale di sicurezza tra auto e bici, a combattere affinché anche le donne della categoria Elite siano parte attiva e tutelata dell’ACCPI. Un fatto che è finalmente una realtà non solo in Italia, ma anche a livello internazionale, nell’associazione non-profit CPA, Cyclistes Professionnels Associés.

Da quest’anno le gare femminili hanno sempre un referente donna, tipicamente una delle atlete partecipanti. E sempre da quest’anno, tornando alla Francia, si è costituita anche Oltralpe un’associazione di donne cicliste nazionale, Association Francaise des Coureures Cyclistes, con cui l’ACCPI, nella persona della Cappellotto, sta portando avanti contatti e sinergie che facciano a meno delle Cenerentole e anche delle sonnacchiose Biancaneve. Segnali che inducono a ben sperare. Come lo è l’istituzione della nuova figura del “lavoratore sportivo” che, superando il dualismo tra professionismo (degli uomini) e dilettantismo delle donne, va finalmente nella direzione delle pari opportunità e della dignità. Quello che le donne vogliono.

Sul tema leggi anche la Riforma dello Sport: nasce la figura del lavoratore sportivo.

 

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