Alle 6.30 di mattina le gambe sono fredde, i riflessi in bicicletta intorpiditi, il caffè ancora un miraggio lontano. Il nastro d’asfalto che attraversa le Dolomiti, tra Corvara e il Passo di Campolongo, si inerpica dolcemente, tra le curve, gli abeti immobili e il ruscello che mormora allegro. In assenza di traffico automobilistico, il silenzio ti avvolge come una coperta morbida e sconosciuta. Il rumore più forte, sulla bici da corsa, tra i 9000 che partecipano alla Maratona dles Dolomites, la granfondo ciclistica che si svolge a passi dolomitici chiusi al traffico, è il mio proprio respiro.
Dolomiti in bicicletta: una danza di almeno 55 km
La danza sui tornanti dura almeno 55 chilometri, corrispondenti al percorso più breve della Maratona, che affronta 1.780 metri di dislivello, consuma barrette e borracce, inghiottendo l’anello che da La Villa, in Alta Val Badia, raggiunge Corvara, il Passo di Campolongo, Arabba, Passo Pordoi, Passo Sella, Passo Gardena e Colfosco. Sul Passo Sella, sono i suonatori di campanacci e di corni alpini a rompere momentaneamente la quiete. Poi s’incontrano solo mucche acquattate, praterie, boschi e cime dentellate, “purissime nelle albe violacee”, scriveva Dino Buzzati, in ascolto delle cupe leggende dei ghiacciai.
Il Sellaronda Bike Day
La Maratona dles Dolomites, quest’anno il 1° luglio, non è l’unico evento che tesse il sodalizio tra bicicletta e chiusura dei valichi. Nel nome dell’incanto delle strade senz’auto anche il Dolomites Bike Day del 17 giugno e il Sellaronda Bike Day del 23 giugno, entrambi non competitivi e privi di obbligo di iscrizione. Il primo, 51 km con 1290 metri di dislivello da effettuare con qualsiasi tipo di bicicletta, si svolge tra i tornanti e le salite di Campolongo, Passo Falzarego e il fatidico benché breve Passo Valparola. Il secondo, da me effettuato 2 giorni fa, sull’anello classico del Sellaronda da percorrere in senso antiorario, ha raccolto, in un serpentone multicolore, sotto un cielo dipinto di blu, una folla di 24.000 ciclisti. E’ stato un momento di riappropriazione dello spazio naturale in cui, alla contemplazione silenziosa delle guglie, si è unito l’incontro con il profumo sottile del pino mugo. E con la fatica del pedalare su queste pendenze: durissimo il Gardena in senso antiorario, più leggero del previsto il Pordoi.
La storia dei Monti Pallidi
C’è un pezzo di storia dietro questa nuova geografia ciclistica. La storia delle montagne ora Patrimonio dell’Umanità che, nelle parole di Buzzati, “non sono mai state nostre”. Le straordinarie rocce di madreperla erano state studiate dal geologo Déodat de Dolomieu tra il 1788 e il 1789. Il francese aveva scoperto una roccia allora sconosciuta, il carbonato doppio di calcio e magnesio, che prese da lui il nome di dolomia. Fu poi il geologo austriaco Ferdinand von Richthofen a correlare, intorno al 1860, la dolomia alle barriere coralline. Le Dolomiti sono isole o scogliere calcaree nate per sedimentazione di residui di alghe, coralli e conchiglie in un gigantesco oceano primordiale, sferzate poi dalle glaciazioni. Le Maldive di allora. Ad annotare per la prima volta in un taccuino di viaggio il termine Dolomite Mountains furono, nel 1864, gli scrittori inglesi George C. Churchill e Josiah Gilbert. Il nome Dolomiti riferito ai Monti Pallidi o alle Alpi Calcaree Meridionali verrà adottato ufficialmente 10 anni dopo, prima che il figlio dei commercianti greci Christomannos raccogliesse, nel 1890, il denaro per costruire la strada per Solda, una delle prime.
Il silenzio è una necessità
La Storia è un motivo in più per proteggerle. In queste montagne, l’inquinamento acustico dovuto al traffico motorizzato (fino a 5.500 passaggi al giorno, con picchi sul Passo Gardena) è udibile fino a un’altitudine di 3000 metri. Nel fragore di auto e moto, il silenzio è una necessità dello spirito per trekker, arrampicatori e cicloturisti. Il Sella è stato il primo passo a chiudersi al traffico ogni mercoledì della scorsa estate, oltre che per gli eventi ciclistici di giugno. La sua chiusura non è stata confermata. È stata invece stabilita una riduzione del traffico giornaliero del 20% (non oltre 200 veicoli dotati di pass gratuito durante la mattina e 100-150 nel pomeriggio) dal 23 luglio al 31 agosto, dal lunedì al venerdì, tra le 9 e le 16.
La Lunga Via delle Dolomiti
I ciclisti sono benvenuti anche nel tratto dolomitico della straordinaria ciclovia Monaco – Venezia, di 560 km totali. Lungo la ciclovia, da Dobbiaco a Belluno, sul tracciato della vecchia ferrovia che portava a Calalzo (1921-1964) e sul percorso terminato di recente tra Longarone e Soverzene, si pedala al cospetto delle montagne del mito: le Tre Cime, il gruppo di Fanes Sennes Braies, la Croda Rossa con le sue impurità arancione e il gruppo del Cristallo. La stazioncina ferroviaria di San Vito di Cadore trasformata in Museo delle Tradizioni con piccolo orto di erbe officinali fa rallentare le ruote, per osservare. Le Dolomiti si sbriciolano e tutto è fugace. Però, che gioia assoluta contemplarle nei giorni i cui vengono restituite al silenzio.
PS questo articolo è uscito sull’edizione cartacea di Io Donna del 26 maggio 2018. Le foto sono state scattate il 23 giugno 2018 in occasione del Sellaronda Bike Day cui ho partecipato, ospite del Val Gardena e di Bosch eBike System. A tenermi calda nelle ardite discese dolomitiche è stato il gilet Rapha Souplesse Insulated, datomi da provare da Polartec Alpha Direct, comprimibile e altamente traspirante, adattissimo in montagna e nelle medie stagioni.
