Bastano 134 euro per adottare una bicicletta e destinarla, attraverso la onlus World Bicycle Relief, a chi ne ha bisogno in Africa. La prossima volta che entrate in un negozio di biciclette per gonfiare le ruote, pensateci. Cercate una scatola di cartone colorato con la scritta 1 Euro a ruota per l’Africa. Per ricambiare la gentilezza, lasciateci dentro uno, dieci, cento euro. Per iniziare, le monete da un euro vanno benissimo. Abbiamo cominciato così anche noi. Da un primo passo, un incontro davanti a una fetta di pizza al trancio in cui ci siamo chiesti: cosa possiamo fare?
Il noi è formato da un gruppetto di fedelissimi della bicicletta: Davide Maggi, anima e co-proprietario del negozio Stazione delle Biciclette a Milano; Giovanni Morozzo e Francesco Fanfani, fondatori dell’agenzia di comunicazione Ciclica; Roberto Peia, presidente di Upcycle Bike Café di Milano, e la sottoscritta giornalista a pedali. Da supporter italiani di World Bicycle Relief, siamo stati charity partner di Milano Bike City 2019 e abbiamo creato una pagina di donazioni ad hoc in italiano con il nome della nostra campagna “1 euro a ruota”.
La storia di World Bicycle Relief
La storia di World Bicycle Relief è cominciata con un viaggio a Sri Lanka, uno dei paesi più devastati dallo tsunami del 2004, effettuato da F.K. Day, l’imprenditore che con il fratello ha fondato nel 1987, a Chicago, Sram, una delle più grandi società di componentistica per biciclette al mondo. Un semplice mezzo di trasporto, la bicicletta, pensò Day in quello scenario di devastazione, poteva rimettere in attività gli adulti, riportare i bambini a scuola, contribuire a ricongiungere i superstiti di famiglie smembrate. Un’umile bicicletta avrebbe potuto contribuire alla ripresa della vita.
Le piste nella savana
Quella indonesiana fu una lezione di vita, ma anche l’indicazione di una via. Nell’Indonesia devastata dallo tsunami e in Africa in generale, il bisogno i mezzi di trasporto economici è elevatissimo: servono per andare e tornare da scuola, raggiungere i pozzi d’acqua, i mercati e gli ospedali, per abbreviare le distanze tra i villaggi più remoti. Le distanze sono enormi e la maggior parte della popolazione vive in zone remote collegate al resto del mondo da piste di terra o di sabbia, da tracce appena segnate nel bush della savana, spesso in condizioni di buio totale.
Regalare una bici in Africa
Bisognava pensare a una bicicletta robusta, con il telaio di acciaio e senza cambi, che non si rompesse facilmente, non si piegasse e che, se danneggiata, si potesse saldare facilmente. Una bicicletta che potesse migliorare lo stile di vita delle popolazioni sub-sahariane dove oltre 600 milioni di persone usano le gambe come unico “mezzo” di trasporto.
23 chili di bicicletta sopportano un carico di 100 kg
Nascono così, poco dopo, nel 2005, l’organizzazione non a scopo di lucro World Bicycle Relief che ha la sua base europea in Germania e, nel 2008, la bicicletta Buffalo. Prodotta in Asia e assemblata in fabbriche create ad hoc nei paesi in cui opera l’organizzazione, la bicicletta Buffalo pesa 23 kg ed è in grado di sopportare un carico di 100 kg. Viene consegnata a persone bisognose in villaggi opportunamente identificati in accordo con organizzazioni locali. Ma non resta solo un dono caduto dal cielo: non è una stella cometa di passaggio. Nelle fabbriche africane, World Bicycle Relief forma operai assemblatori e ciclomeccanici in grado di lavorare su tutta la filiera. Il ciclo di vita della bicicletta Buffalo deve essere lungo. È necessaria anche la giusta formazione, all’insegna del motto: le risposte vanno ricercate in loco.
500.000 bici Buffalo consegnate entro febbraio 2020
I risultati non si sono fatti attendere. Il Global Impact Report 2018 relativo al 2017, snocciola questi dati: 54.687 biciclette consegnate, 222 meccanici formati, 9 i Paesi coinvolti (Colombia, Ghana, Costa d’Avorio, Kenya, Malawi, Mozambico, Thailandia, Zambia, Zimbabwe); 14,6 i milioni di dollari raccolti dalle donazioni di cui il 7% copre i costi di gestione, il 21% la raccolta fondi e il 72% va ad alimentare i progetti locali. Nell’arco di tempo tra il 2005, anno di fondazione di WBR, e il mese di febbraio del 2020, le biciclette distribuite hanno raggiunto l’obiettivo di mezzo milione; oltre 2.200 sono i meccanici formati. La 500.000a bicicletta è destinata a una scuola secondaria della contea di Kisumu, nel Kenya occidentale. Un grande risultato, ma ancora piccolo per l’Africa dove la Banca Mondiale stima ci siano più di 450 milioni di persone (il 70% della popolazione rurale del continente) senza accesso a strade asfaltate e mezzi di trasporto.
Più bici uguale meno spose bambine
Da giornalista-ciclista attenta alle storie di donne e bici, sono particolarmente contenta di raccontarvi che, in paesi come Zambia, Malawi, Colombia e Ghana, il Bicycles for Educational Empowerment Program (BEEP) di World Bicycle Relief prevede che il 70% delle biciclette Buffalo siano destinate a giovani studentesse. Nel 2017, WBR ha avviato uno studio sull’impatto delle biciclette sul senso di empowerment, di sicurezza e autostima delle ragazze e sui risultati scolastici. La ricerca sarà pronta nel 2020. Ma già si sa che le giovani donne che sono riuscite a portare a termine gli studi delle medie inferiori hanno minori probabilità di essere date in sposa da bambine.
L’AIDOS, associazione donne italiane per lo sviluppo, rivela infatti che sono 60 milioni i matrimoni di spose bambine e che sono 146 i paesi nel mondo in cui alle ragazze è consentito di sposarsi prima dei 18 anni, 52 i paesi in cui possono farlo prima dei 15 anni, senza parlare di quei paesi in cui si combinano matrimoni con bambine di 8 e 10 anni. Una piaga legata a povertà, mancanza di alfabetizzazione, di politiche di genere e di rispetto per i diritti dei minori. Inoltre, secondo WBR, in Africa un anno in più di istruzione scolare, nelle ragazze, corrisponde a un +25% nel salario del futuro. I primi risultati della ricerca segnalano una riduzione del tragitto di viaggio per andare a scuola di un terzo, un aumento del 66% nella puntualità e una diminuzione dell’assenteismo del 28%.
Convinti a effettuare una donazione? Cliccate qui
Se non siete ancora convinti, ecco che cosa può fare la bicicletta rispetto ai punti dell’agenda degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, firmata dalle Nazioni Unite nel 2015 (grafico in basso):
- Obiettivo 1 – Eliminazione della povertà
Riducendo le distanze, la bicicletta favorisce lo sviluppo di attività economiche a livello individuale e familiare. - Obiettivo 2 – Azzeramento della fame
In bicicletta si trasportano i prodotti agricoli dalle fattorie ai mercati, il frumento ai mulini, il latte ai centri di raccolta. E l’informazione su come alimentarsi e sulle buone pratiche agricole viaggia più facilmente. - Obiettivo 3 – Salute e benessere
In bici le ostetriche raggiungono i villaggi delle partorienti, si trasportano i medicinali e si raggiungono più facilmente ospedali e centri medici. - Obiettivo 4 – Istruzione
I bambini e ragazzi dotati di bicicletta frequentano di più la scuola e hanno pagelle migliori. - Obiettivo 5 – Uguaglianza di genere
Mettere in grado bambine, donne e ragazze di spostarsi in bicicletta le rende libere di andare a scuola, più veloci nello svolgimento delle faccende domestiche, più sicure e con più tempo a disposizione per sé. - Obiettivo 6 – Acqua pulita e servizi
Nei paesi in via di sviluppo, il reperimento dell’acqua, anche per la pulizia e l’igiene personale, è un fattore cruciale. La bicicletta velocizza i viaggi per la raccolta dell’acqua. - Obiettivo 10 – Riduzione delle ineguaglianze
L’accesso ai mercati o ai posti di lavoro, tramite la bicicletta, può dare maggiori e pari opportunità a chi, a causa della distanza, è tenuto lontano da attività che producono reddito. - Obiettivo 11 – Città e comunità sostenibili
La bicicletta è il mezzo di trasporto più sostenibile ed economico che ci sia. - Obiettivo 12 – Consumo e metodi produttivi sostenibili
L’acquisto di una bicicletta è senz’altro un’operazione di “altro” consumo. Gli altri Obiettivi li trovate qui in basso.