Nell’Abruzzo dei gioielli dei pastori, dei paesi a grappolo e dei tratturi della transumanza, è nata la Via Verde della Costa dei Trabocchi: 42 km di pista ciclabile in sede protetta, su asfalto ecologico e sterrato battuto, da Ortona a Vasto, ricavata sul sedime della ferrovia adriatica arretrata alla fine degli anni ’90. Per chi sta progettando un viaggio in bici in Abruzzo è un’ottima opportunità, oltre a un importante tassello per lo sviluppo del cicloturismo. I 42 km di via verde sono percorribili ad eccezione di due punti aggirabili con brevi incursioni sulla SS16: la frana a Punta Le Morge e la galleria proprietà privata all’altezza della Riserva Naturale Ripari di Giobbe. A dare un’ulteriore mano allo sviluppo del cicloturismo in Abruzzo sono i 12 presidi aperti quest’anno da Claudio Di Dionisio di Bikelife nelle stazioni ferroviarie tra Pescara e Vasto, che si aggiungono alla Ciclostazione dei Trabocchi di Francavilla a Mare, sul retro della stazione. Si tratta di bike hub dove si possono noleggiare bici, prenotare tour guidati, avere materiale informativo e servizi di trasporto bagagli se si viaggia in bici.
La greenway della Costa dei Trabocchi cade nel più ampio progetto della Ciclovia Adriatica Abruzzo o Bike to Coast lanciato già nel 2013: un percorso di 134 km sulla costa adriatica da Martinsicuro a San Salvo, praticamente tutto il litorale abruzzese, con 83 metri di dislivello, una pendenza media dello 0,9%, massima del 9,7%. Con la realizzazione dei 42 km della Costa dei Trabocchi, il progetto della Ciclovia Adriatica risulterebbe completo al 92%. Manca ancora il tratto da Ortona a Francavilla, la cui ultimazione prevede ancora 2 anni di lavori, e la ciclabile dell’abitato di Silvi Marina, sempre in Abruzzo.

La Ciclovia Adriatica: 7 motivi per viaggiare in bici in Abruzzo
1 La Costa dei Trabocchi
La via verde Costa dei Trabocchi sposta i fari della ribalta sul tratto di costa da Ortona a Vasto, meno battuto dal turismo balneare (più concentrato nelle spiagge del litorale nord), ma disseminato da eccezionali architetture marine quasi spettrali, i “trabocchi”, fondati su palafitte, agganciati alla terra ferma da passerelle (un tempo, semplici travi di legno piallate), costruiti da pescatori stanziali per aggirare le rocce affioranti.

Trenta di queste architetture da pesca sono state salvate; alcune, come quella di Punta Tufano, custodiscono gli attrezzi e le foto della memoria; altri come quello di Punta Cavalluccio si sono trasformati in ristoranti di pesce decisamente pieds dans l’eau. Studiate il vostro percorso ciclistico in modo di inserire almeno una tappa in queste eccezionali palafitte della memoria.

2 Punta Aderci
Dove i lavori della via verde sono in corso, ci vuole una mtb per esplorare la zona della Ciclovia Adriatica su sentieri alternativi. Spettacolari, con scorci che ricordano una certa Scozia, sono i sentieri che attraversano la Riserva Naturale di Punta Aderci appena a nord di Punta Penna (Vasto). Vigneti, giunchi e campi di graminacee cingono in un morbido assedio il un promontorio-falesia che si sbriciola in una spiaggia di ciottoli. La spiaggia di Punta Penna si apre poi alla vista come un anfiteatro, con il cordone dunale e la sabbia finissima. Tutt’intorno una fitta boscaglia. Ciclamini e giglio marino, cespugli di limonio virgato e liquirizia, in primavera dal profumo intenso, sono possibili compagni del viaggio in bicicletta. Qui, come nelle altre zone di riserva della Ciclovia Adriatica, il fondo stradale è di ghiaia battuta.

3 I Calanchi di Atri
Da Atri a Villa Vomano, si pedala su una delle strade più belle della zona collinare che si estende, in Abruzzo, tra le montagne e il mare. Il paesaggio ha un deciso carattere preappenninico, a tratti morbido, a volte ruvido. Colline con uliveti, giunchi e macchie boschive che si allungano verso il Gran Sasso, si alternano alle pareti aride, scoscese e argillose della Riserva Regionale dei Calanchi di Atri, con le sue architetture naturali dette Bolge dantesche, Ripe e Unghiate del Diavolo. Scendendo dalla bicicletta e avventurandosi a piedi, s’incontrerebbero cespugli di cappero, contorte tamerici, macchie di liquirizia, sambuchi e olmi campestri.

4 Le pendici della Majella
Chieti, cittadella dall’impianto urbanistico di matrice romana, in collina, è un piacevole mix di saliscendi, luci e ombre. Nella città dove si produce il Corfinio, un liquore dolce e giallo a base di radici ed erbe, le Terme Romane nella parte bassa della città hanno un bellissimo pavimento musivo con delfini e ippocampi in lotta. Il celebre Guerriero di Capestrano, del VI sec., alto 2 metri, con due dischi a protezione del cuore e il volto mascherato è custodito nel Museo Archeologico Nazionale La Civitella: fu ritrovato nel 1934 da un contadino che lo tenne per qualche mese a guardia della sua abitazione. In bicicletta si parte quindi in discesa in direzione di Bucchianico, Pretoro e Guardiagrele. Un percorso facile, di 24 km, tra le colline sotto la Majella, la Montagna Madre, con il manto stradale purtroppo mal tenuto, in leggero saliscendi.

A Pretoro, antico borgo schiacciato su un costone montano, l’aria si fa fresca e di montagna. Si può fare una sosta merenda (da prenotare) alla tavola genuina del B&b Casa Milà. Il Massiccio calcareo della Majella con più di 30 cime che superano i 2000 metri resta alle spalle, una muraglia poco antropizzata, estremo rifugio del lupo e dell’aquila reale, scrigno di piante rare e di ricercate essenze officinali, dominio del vento e delle nevi persistenti.

Sacra alla dea Maia, nel Medioevo divenne luogo di preghiera di numerosi eremiti. Il bel borgo di Guardiagrele, a 576 metri di altitudine, è legato al nome di Peppino Tinari, chef del Villa Maiella, nato come semplice trattoria nel ’68. Sulla sua terrazza, se il cielo è limpido, lo sguardo spazia dall’Adriatico fino al Gran Sasso. Nel borgo lavorano ancora fabbri, orafi, ceramisti e fornai che producono dolci dai nomi suadenti: Sise de moneche, i Brutti e i Buoni, Pupe e Cavalli.
5 Il Castello di Semivicoli
“È qui che vorrei vivere se fossi una vite”. A dichiarare l’amore per la terra fingendosi una vigna è stato Gianni Masciarelli scomparso nell’estate del 2008 dopo aver riscoperto e declinato in modo eccellente, nella cantina di San Martino sulla Marrucina, i vitigni trebbiano e montepulciano d’Abruzzo. Ma fare vini di qualità non gli bastava. Aveva cominciato comprando le uve dal nonno il quale, si scoprì in seguito, non incassò mai gli assegni con cui erano state pagate.

Così, con la moglie Marina Cvetic, incontrata in Dalmazia, decise di trasformare in relais un certo palazzotto del 1600, a Semivicoli, tra le colline argillose tra Bucchianico e Guardiagrele dove, da vite, avrebbe voluto vivere. I mattoni ocra, i pavimenti in cotto, la chiesetta privata, i mobili appartenuti ai siciliani Perticone e un giardino di viti e mandorli da cui solo un muretto impedisce la vista del mare, il palazzo viene trasformato in relais. Al piano nobile si mantiene l’arredamento del tempo che fu; ai piani alti, nelle 11 camere, travi e cotto fanno da cornice al più contemporaneo design industriale. Nel giardino, dove è stata ricavata anche una piscina vista uliveto, tra corbezzoli e rose inglesi, si sorseggia un calice di uno dei tanti eccezionali vini della casa.

6 L’anello Sulmona – Scanno – Villetta-Barrea – Pescocostanzo
Un anello su strada di 166 km, 1.269 metri di dislivello, con una pendenza media del 3,8%, massima del 13%: Sulmona, Villalago, Scanno, Villetta Barrea, Barrea, Alfedena, Castel di Sandro, Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo, Campo di Giove, Cansano, Sulmona. Bisogna essere allenati o spezzarlo in tappe. Ma è uno dei must dell’andare in bici in Abruzzo. Nell’Alto Sangro, stretti tra la Majella e il Parco Nazionale d’Abruzzo ci sono alcuni dei più bei borghi della Regione, forse d’Italia.
Scanno in primis, raccontato da sempre da cronisti, fotografi e pittori. Tra questi, Henry Cartier-Bresson: le sue foto del paese, del 1952, sono conservate al Victoria and Albert Museum di Londra. Nel 1964, John Szarkowski, direttore del dipartimento di fotografia del Moma di New York, selezionò alcune immagini di Scanno del fotografo Mario Giacomelli e dieci anni dopo inserì il famoso ritratto Scanno 1957 in Looking at photographs, la bibbia della fotografia. Se questo borgo medioevale a 1000 metri di altitudine è diventato un set è perché prepotente è il suo fascino di presepe di pietra collegato a una fitta rete di tratturi della transumanza. Oggi nessuno giunge a Scanno, come il fotografo Mario Giacomelli negli anni ’60, a bordo di una vecchia Fiat 500.

Arrivando sul set ormai sconsacrato si scopre un dedalo di vicoli a cascata. La sua bellezza è legata alle fughe dei tetti, alla fontana costruita sul vecchio abbeveratoio, al damasco rosso della Cattedrale comprato nel 1752 con 3000 pecore. Nel centro storico si trovano il Museo della Lana e le botteghe orafe che tengono viva la tradizione dei gioielli “dei pastori”. Simbolo della ricchezza dei mercanti di lana e dei tintori, i gioielli decoravano l’abito tradizionale e servivano da amuleti. In filigrana, oro rosso o argento, erano originariamente realizzati in argento brunito. I più caratteristici sono la Presentosa (il pegno d’amore che il pastore donava prima di partire per la transumanza), la fede nuziale con le Manucce e l’angioletto Amorino che aveva la funzione di proteggere la famiglia.
Non è inusuale, la domenica, vederli indossati dalle donne del paese vestite con dell’ampia gonna nera lavorata in pieghe strettissime, l’attillato giubboncino o giustacuore che tiene alto il seno, il grembiule di broccato attraversato di fili d’oro e d’argento, le calzature a pantofola e il copricapo a turbante di fattura medio-orientale.

Altro paese d’incanto è Pescocostanzo. Un vialone in leggera salita porta nella Piazza del Municipio, d’insolita forma triangolare, cui affaccia il Palazzo del Governatore con il Museo del Tombolo. La Basilica di Santa Maria del Colle conserva un sorprendente soffitto ligneo a cassettoni.
7 L’anello L’Aquila – Castel del Monte – Calascio – Santo Stefano di Sessanio – Barisciano
Un percorso spettacolare di 87,8 km e 1.192 metri di dislivello, con il 4% di pendenza media, il 13,7% di massima, allungabile sul Piccolo Tibet di Campo Imperatore, nel Parco del Gran Sasso. Con la Piana di Navelli dove cresce con i suoi fiori violacei il crucis sativus, lo zafferano, in basso (se volete vederlo in fiore venite a pedalare qui in ottobre, mese in cui, all’alba vengono colti nelle ceste di vimini). Da Calascio, uno strappo di 8 km porta a Rocca Calascio, borgo di poche case sotto i ruderi di un castello a quota 1.460 metri, a vedetta della Piana di Navelli, che le Poste Italiane avevano ritratto in un famoso francobollo da 50 lire nel 1980 e che il regista Richard Donner aveva scelto, nel 1984, come set per la favola di Lady Hawk, con un’allora sconosciuta Michelle Pfeiffer.
Santo Stefano di Sessanio è invece protagonista di un recupero senza precedenti e di una favola moderna che, nell’estate del 2004, raccontata da un’inviata del Financial Times, ha fatto il giro del mondo. La storia suona più o meno così. L’italo svedese Daniele Kihlgren, di studi filosofo e di vocazione imprenditore, in moto tra le rocche abbandonate dell’Appennino, intravide un giorno un piccolo presepe: una torre (crollata con il terremoto del 2009 e solo in parte ricostruita) e un grappolo di case di pietra rimaste ferme al Medioevo. In 24 ore contrattò l’acquisto di buona parte del borgo appartenuto ai Piccolomini poi ai Medici, arricchitosi con il commercio della lana grezza e con la vicinanza alla Via dello Zafferano.
Restaurando il palazzo Le Loggette e la Locanda sotto gli Archi, Kilghren apre a Santo Stefano il primo albergo diffuso del centro Italia. Nel nome del rispetto della patina del tempo. Le porte di legno si chiudono ancora con enorme chiavi di ferro che paiono uscite da un racconto di Barbablù. Peccato portino ancora le tracce dei danni del terremoto del 2009. Il cicloturismo può senz’altro aiutare. Un ulteriore motivo per venire in bici in Abruzzo.
