Venti metri di separazione. È questa la distanza di sicurezza da tenere, se si pedala in gruppo, non letteralmente a ruota, ma lungo la stessa traiettoria, se si vuole evitare il rischio di essere colpiti dalla nuvola di particelle di saliva provenienti da starnuti, tosse o respiri accelerati del ciclista che pedala davanti a noi. Quando torneremo a fare sport con la bicicletta, ricordiamocene.
La distanza di 20 metri, 10 se si pedala lentamente, è il risultato di una ricerca (in realtà un “white paper”, una proposta di linee guida non ancora convalidate da studiosi valutatori) inizialmente focalizzata sul running che è stata condotta mediante simulazioni, senza considerare variabili ambientali come umidità relativa, forza e direzione del vento, corporatura dello sportivo e turbolenza.
Queste distanze mi ricordano il titolo di un film del 1993 di Alejandro González Iñárritu, “21 grammi” che equivalevano al peso dell’anima. Il presupposto di fondo, la necessità di confinamento sociale, mi riporta invece a una lettura di qualche tempo fa: il libro Vivere la distanza, di Aldo Carotenuto, eccellente e ormai introvabile, sulla creatività che alberga in ogni esperienza di isolamento e estraniamento.
5, 10 e 20 metri la distanza da mantenere per trekker, runner e ciclisti
Tornando alla ricerca, “Towards aerodynamically equivalent COVID‐19 1,5 m social distancing for walking and running” è stata condotta da Bert Bolcken e Fabio Malizia dell’Eindhoven University of Technology nei Paesi Bassi e del Department of Civil Engineering dell’Università di Lovanio, in Belgio, in collaborazione con Thierry Marchal della società specializzata in simulazione ingegneristiche Ansys Belgium. Lo studio sui ciclisti è stato iniziato, poi interrotto dai ricercatori, come mi ha spiegato Bert Bolcken per mail, “a causa dell’esplosa attenzione dei media”.
In virtù dello spostamento d’aria che si produce a velocità elevata, le particelle di saliva emesse durante l’attività sportiva formano una scia di pulviscoli che, prima di cadere a terra o evaporare, finisce sul dorso o sulle mani del runner o del ciclista che si trova immediatamente dietro. L’obiettivo dello studio, riassunto nel video qui sotto, è stato valutare se la distanza sociale anti Coronavirus raccomandata di 1,5 metri sia sufficiente per sportivi che camminano, corrono e pedalano vicini.
L’indagine suggerisce di mantenere una distanza di 5 metri se si cammina a 4 km/h nella stessa direzione di marcia, di 10 metri se si corre o pedala lentamente a 14,4 km/h e di 20 metri per chi pratica ciclismo in modo intenso, alla velocità di 30 km/h. Procedere affiancati o sfalsati in diagonale, non direttamente l’uno dietro l’altro (non a ruota come usano fare i ciclisti), comporta un minore rischio di catturare le particelle di saliva, quindi di contrarre un eventuale contagio. In questi casi, affiancati o sfalsati, la distanza di sicurezza da tenere resta quella “standard” di 1,5 metro. Ai ciclisti, i ricercatori arrivano a suggerire di preparare un eventuale sorpasso con grande anticipo, come si fa alla guida di un’automobile: cambiando traiettoria almeno 20 metri prima.
La bicicletta ama la strada
Su strada, quando torneremo a pedalare, il futuro del ciclismo come sport amatoriale sembra quindi legato alle parole “riding solo but never alone” (in solitaria, ma mai da solo), lo slogan con cui il brand di abbigliamento ciclistico Rapha sta cercando di rassicurare la sua community.
Nonostante gli allenamenti di indoor cycling in diretta Facebook, le grandi salite simulate su Zwift e l’iniziativa Senza Giro (storie di un Giro d’Italia che non c’è, narrate e illustrate a partire dalla data del 9 maggio a favore della cooperativa Namastè che nella bergamasca assiste 3000 persone fragili al giorno), la bicicletta, si sa, ama la strada.
Mascherine e borracce
E su strada torneremo tutti appena possibile, opportunamente distanziati o muniti di mascherina. Leggo su ActionMagazine dell’amica giornalista Paola Pignatelli che La Sportiva di Ziano di Fiemme sta brevettando una mascherina igienica di protezione, lavabile e con elemento filtrante intercambiabile, adatta alla pratica del running. Resta da vedere se la si potrà o dovrà utilizzare anche in bicicletta.
Sicuramente non ci si potrà scambiare le borracce. La storica fotografia “costruita” da Carlo Martini il 17 luglio del 1952 dello ”scambio di borraccia”, in realtà una bottiglia d’acqua, tra Coppi e Bartali, da sempre il simbolo di un secolo di ciclismo italiano, pare essere veramente acqua passata.